Il punto è che questa Legge Trasparenza, meglio conosciuta ai lavori come FOIA (Freedom of Information Act) nasconde delle cose. Vero è che l’Italia di questa legge aveva bisogno. Cioè di uno strumento per ottenere le informazioni detenute dalla pubblica amministrazione e anche da “altri soggetti” come fondazioni, associazioni, società partecipate. Tutte situazioni che in un certo modo hanno sempre mostrato un grado di opacità piuttosto elevato.
Bene, bravi. Bis. Non ci fosse stato però un gruppo di pressione come i tipi di Foia4Italy questa legge non sarebbe probabilmente arrivata. Ed è arrivata con aspetti positivi, tanti altri da rivedere o che proprio mancano e, ciliegina sulla torta, la solita e ormai immancabile delega all’Autorità Nazionale Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone a fare da garante.
Prima dunque le note dolenti, una su tutte: la generalità dei limiti all’accesso civico. Sono previsti un totale di sette situazioni che non permetteranno il rilascio di documenti alla cittadinanza: il diniego è necessario qualora ci sia «un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a sicurezza pubblica e ordine pubblico, sicurezza nazionale, difesa e questioni militari, relazioni internazionali, la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento e il regolare svolgimento di attività ispettive», oltre alla privacy degli eletti e alla segretezza della corrispondenza.
Prima dunque le note dolenti, una su tutte: la generalità dei limiti all’accesso civico
Sacrosanti alcuni di questi punti, tuttavia escono dal testo una serie di obblighi già previsti dalla legge e alcuni di questi concetti risultano essere talmente generici al punto di facilitare un diniego alla richiesta di documenti. Parliamo per esempio, fanno notare da Foia4Italy, «del caso degli “interessi pubblici inerenti la politica e la stabilità economica e finanziaria dello Stato” – che si prestano ad essere alibi per le amministrazioni che non hanno voglia di fare vera trasparenza».
In ultimo l’assenza di un sistema di sanzioni chiaro per le amministrazioni inadempienti, che cioè non rispetteranno l’obbligo di rispondere entro 30 giorni alle richieste dei cittadini, rende particolarmente debole il testo. Insomma, non è del tutto chiaro quale sarà l’ufficio preposto all’interno della Pubblica Amministrazione che avrà il compito di rispondere alle istanze che verranno presentate.
Il diniego per “interessi pubblici inerenti la politica e la stabilità economica e finanziaria dello Stato” si prestano ad essere alibi per le amministrazioni che non hanno voglia di fare vera trasparenza
Non tutto è da buttare, anzi. Su tutti l’eliminazione del “silenzio-diniego” è un punto a favore non secondario del provvedimento. Le amministrazioni saranno dunque obbligate a motivare il rifiuto all’istanza presentata. Secondariamente faciliteranno le procedure il riconoscimento della gratuità dell’accesso in formato elettronico e cartaceo e l’inserimento di rimedi stragiudiziali per i casi di mancata o negativa risposta.
Il decreto andrà in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni e a mancare al momento sono le linee operative di Anac, determinanti per capire come si svolgerò il monitoraggio dell’applicazione della norma. Insomma, trasparenti ma, per ora, non troppo.