Occident Ex-PressDesideri e supercazzole: abbiamo letto i 23 punti di Stefano Parisi per Milano

“Cos'è un vigile di quartiere? Un terminale delle istituzioni integrato capillarmente nella realtà”. “Cura dell'ambiente? Sì, ma nessun problema ad abbattere un platano”. Molte le priorità di Parisi: dalle “famiglie aristocratiche” alla “Milano borghese”, “la tecnologia” e “la sicurezza”

I programmi elettorali non li legge nessuno, soprattutto gli elettori. Sarà per questa ragione che, al loro interno, gli staff dei candidati alle amministrative 2016 si possono sbizzarrire: visioni futuristiche, desideri più o meno pii e realizzabili. E anche, per esempio, domande retoriche: “Un sindaco di centrodestra si prederà cura dell’ambiente a Milano?” – si chiede il candidato sindaco del centrodestra a Milano, proprio lui, Stefano Parisi. E si risponde da solo: se ne prenderà cura – eccome – ma “non esiteremo ad abbattere un platano quando necessario”. E, al massimo, lo ripianteremo (lo stesso platano?) qualche decina di metri più in là. Per quanto riguarda l’ambiente abbiamo dato.

E ancora: alzi la mano chi non ha ancora sentito l’esigenza di una trasformazione nel ruolo del vigile di quartiere? Deve o non deve passare da “la versione in divisa di un messo comunale” al decisamente più concreto “terminale delle istituzioni integrato capillarmente nella realtà del territorio”? “Integrato capillarmente” trasmette sicurezza.

I programmi elettorali non li legge nessuno, soprattutto gli elettori. Peccato perché si leggono frasi come “ci prenderemo cura dell’ambiente ma non esiteremo ad abbattere un platano, se necessario”. “Cos’è un vigile di quartiere? Un terminale delle istituzioni integrato capillarmente nella realtà del territorio”

Scrive La Stampa, che i programmi di Giuseppe Sala e Stefano Parisi per Milano sono “una fotocopia” l’uno dell’altro. E sembra abbastanza vero. Ma quello dell’ex city manager sotto la giunta Albertini ha qualcosa in più, riconosciamolo pure, soprattutto dal punto di vista della retorica elettorale. Nei 23 punti del suo programma politico publbicati sul sito, sotto lo slogan “Io corro per Milano”, si inseguono come dicevamo definizioni, superlativi e prospettive: l’orizzonte di Milano? È decisamente “il mondo” perché questa “è da sempre una città accogliente”. Ma ciò non toglie che “la sicurezza è la prima delle priorità” e che quindi lo straniero “accolto” in Lombardia da migrante debba “fare propri i valori della cultura greco-romana e della tradizione giudaico-cristiana”. Si badi: fare propri, non “semplicemente rispettare”, deve interiorizzarli.

Oppure: che ne facciamo del conflittuale rapporto fra generazioni sul mercato del lavoro? “Ci sono tendenze ineludibili come l’aumento dell’età pensionabile e i ritardi nel turnover lavorativo”, spiega Parisi, ma noi dobbiamo “trasformare la terza età in un valore aggiunto”. Bene, come? Utilizzando i ragazzi più giovani per “contribuire all’alfabetizzazione informatica dei più anziani”. Parisi le chiama “politiche di active ageing”. Più prosaicamente ce le si può immaginare come un nipote che insegna a usare il personal computer a suo nonno. Fino ad oggi è avvenuto gratis, senza incentivi né programmi elettorali.

E poi ci sono le gerarchie, perché del resto ogni candidato sa su quale settore della vita cittadina e su quale fetta di elettorato puntare per accaparrarsi la poltrona di primo cittadino. E quindi per Parisi “il terzo settore è la più grande ricchezza della comunità”. Ma ciò non toglie che “lo strumento per ricucire la comunità è uno solo: la riqualificazione urbana”. E che comunque “il vero patrimonio della città sono l’intelligenza e la conoscenza” come del resto anche “il patrimonio sportivo”. Per non parlare del “formidabile apparato di istituzioni e luoghi di elaborazione culturale”. E non vorremmo mica perderci per strada “i saperi diffusi”, “le grandi famiglie aristocratiche” (ma anche “la Milano borghese”, ci mancherebbe pure), “le comunità religiose e i volontari”, “l’intelligenza imprenditoriale e le startup vitali”, “le eccellenze universitarie e della ricerca” e la “tecnologia”. Di quello che c’è non manca nulla.

Parisi ha delle priorità molto chiare per Milano: “la riqualificazione urbana”; “il terzo settore è la più grande ricchezza”; “il vero patrimonio sono conoscenza e intelligenza” ma anche “lo sport”. Per non parlare dei “luoghi di elaborazione culturale”, “le comunità religiose”, “le famiglie aristocratiche” e “la Milano borghese”, “la tecnologia” e “la sicurezza”

Alla fine Parisi si decide e stabilisce che “la chiave dello sviluppo è la velocità. Che significa prima di tutto connessione”. La connessione. Un tema di cui capisce parecchio visto che nei quartieri generali di Fastweb ancora si festeggia per il maxi-affare della fibra ottica a Milano, nel 2000. L’affare lo ha fatto Fastweb mentre lui era Direttore Generale del Comune e sponsorizzò il progetto. Poi è finito a lavorare proprio nel colosso delle telecomunicazioni. Quando si dice, appunto, la “connessione”.

Ma il manager del passato guarda al politico del futuro, e quindi a un bilanciamento virtuoso tra pubblico e privato. Secondo Parisi il Comune è “la più grande azienda che opera in città”. Ma un Comune non si amministra come un’azienda – bisogna sempre ricordarselo – perché “governare una città non è affatto come gestire un”impresa” tuttavia “governare con le imprese è certamente possibile”.

Da capogiro – letteralmente. Tutta una fantasmagoria della logica e un ammicco agli elettori. Che però non leggono i programmi. E forse, a questo punto, fanno bene.

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