L’origine misteriosa della parola “ok”

Una sigla, mille ipotesi etimologiche. Nessuna è riuscita a convincere tutti i linguisti in modo unanime. E molte altre, considerate minori, resistono

È diffusa ovunque, la conoscono tutti, la si usa sempre. È la parola “okay”, il vero grande contributo della cultura anglosassone al mondo. Tanto utilizzata e viva da non usurarsi mai e, al tempo stesso, è anche una delle parole con il maggior numero di (presunte) etimologie.

Fino al 1961 alcuni dizionari americani la hanno fatta derivare da una parola indiana choctaw: “okheh”, utilizzata dai missionari per tradurre “amen”. Dagli indiani, la parola si sarebbe trasferita alla lingua di alcuni schiavi neri negli stati del Sud e poi sarebbe entrata nel lessico comune della lingua inglese, fino a raggiungere tutto il mondo. Possibile? Alcuni pensano di no.

Un’altra ipotesi la fa derivare dal Bantu o dal Wolof. Sarebbe la trasformazione di waw-kay, importata negli States dagli schiavi africani. È una teoria sorta negli anni ’60 e accettata da qualche filologo solo nel 1981.

Oppure viene ricondotta a un’espressione scozzese corrotta: och aye. O anche a una frase greca: olà kalà. O, ancora, a Old Kinderhook, un sobborgo di New York. Insomma, le ipotesi sono tantissime, ed esiste una pagina Wikipedia che le elenca tutte. Sembra che, per qualche ragione, nessuno abbia rinunciato a dire la sua su una questione del tutto marginale.

In ogni caso, la risposta più probabile (che è anche quella fornita dal video di Merriam Webster) è che derivi da una scrittura piuttosto libera di all correct, cioè “tutto a posto”. Lo spelling di all correct sarebbe stato modificato in oll korrect – e attenzione: ci sono varie attestazioni in più casi: articoli, scritti, lettere – e, soprattutto, mantiene intatto il significato. Sarà la verità? Pazienza. Qualsiasi sia la soluzione, ogni idea è bene accetta. Anzi, è ok.