Trucchi per non pagare le tasse tramandati dai mercanti assiri

Quando è nato il fisco è nata l’evasione, con l’invenzione del dazio è stato inventato anche il trucco per non pagarlo. La battaglia dei mercanti mediorientali dell’antichità per superare i controlli degli Stati

Il mestiere più antico del mondo? L’evasore fiscale. Prima che lo scandalo dei Panama Papers travolgesse (ma poi ha travolto davvero qualcuno, islandesi a parte?) vari nomi della politica e dello spettacolo, la tradizione di non pagare le tasse era già radicata da tempo nella cultura umana. Antica quanto le tasse, contemporanea ai dazi, ben presente ai furbi mercanti mediorientali che percorrevano l’Anatolia.

Lo dimostra, oltre al buon senso, anche un serie di scoperte avvenute nel sito di Kultepe, l’antica Kanesh. Grazie a tavolette conservate negli archivi, gli archeologi hanno ricostruito, per quanto possibile, le attività commerciali all’inizio del secondo millennio a. C. Erano scambi che avvenivano a lunghe distanze: i mercanti di Assur (nell’Iraq odierno) si spingevano fino all’Anatolia (ora la Turchia) per scambiare oggetti in peltro e stoffe preziose con oro e argento.

Intorno al traffico erano sorti accordi e convenzioni con i regnanti dei territori attraversati dai commercianti. I primi si impegnavano a garantire il passaggio nell’area, fornivano protezione contro i predoni (molto abbondanti) e promettevano anche una ricompensa per le merci rubate nel tragitto; i secondi dovevano pagare le tasse sulle merci che portavano con sé, da consegnare alle dogane e destinate a re. Una sorta di accordo win-win, come si direbbe oggi (e che allora, come è probabile, veniva detto in altra maniera).

Il problema è che gli Stati, come sempre, erano dei cattivi pagatori. Soprattutto sulle merci acquistate. I furbi mercanti, da parte loro, cercavano in tutti i modi di non pagare le tasse alla frontiera. Dichiaravano meno merci nel momento del passaggio, oppure intraprendevano strade alternative, col rischio di venire sorpresi dai predoni (e non essere nemmeno risarciti). Ma erano trucchi collaudati, tanto che i padri indicavano le strade giuste ai figli, e le scrivevano pure. Addirittura, la prova della loro malafede si è conservata per migliaia di anni su tavolette d’argilla: “Se la scorciatoia è sicura, sarà di lì che dovranno arrivarmi le mie mercanzie”. Altrimenti, “se è impraticabile, le si dovrà portare a Hurrama. Gli abitanti della città di Hurrama [presenti nella carovana] dovranno far entrare, ciascuno, almeno 30 chili di peltro nelle mura della città. Altrimenti, si devono fare dei pacchetti di circa 5, o 7 chili che ciascuno dei membri della carovana dovrà far entrare di nascosto in città, tenendole sotto le proprie vesti. Se i primi 30 chili entrano senza incidenti, allora si dovrà far entrare anche gli altri”. Senza pudore.

Erano tanti gli ostacoli, però. I guardiani, le perquisizioni, le multe, i controlli, le denunce da parte degli altri commercianti erano difficoltà di ogni giorno. Un giorno vinceva uno, un altro giorno vinceva l’altro. Era l’inizio della storia, e la lotta eterna tra Stato ed evasore era appena cominciata.

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