Più che snob, posh. Una bella parola che, con la sua semplice combinazione di tre suoni [p-o-ʃ], racconta un modo sofisticato e d’élite. Meglio di snob, che ironizza sui vani tentativi di chi non è nobile (s-nob) ma vorrebbe esserlo: posh è chi non ha bisogno di sembrare nobile, perché in fondo lo è. È una bella parola, ma molto misteriosa.
Come spiegano qui, ogni anno arrivano decine di lettere che spiegano come posh derivi da una sigla: “port out, starboard home”, che indicava le cabine migliori nei viaggi tra Gran Bretagna e India. Significava, più o meno: all’andata a babordo, al ritorno a tribordo. Erano le posizioni giuste per prendere il sole al mattino e rinfrescarsi nel resto della giornata, sia andando in India che tornando in Gran Bretagna. Erano, di conseguenza quelle più richieste e per questo erano riservate alle personalità più importanti o a chi disponeva delle cifre per permettersele. La sigla veniva stampata sui biglietti, che, insomma, erano P.O.S.H.
Il problema è che questa bella storia non è vera. Non sono mai stati trovati biglietti con la scritta P.O.S.H., e la prima volta che venne presentata questa ipotesi di etimologia fu nel “recente” 1935. E poi, nel viaggio in senso contrario avrebbe dovuto essere S.O.P.H.. E ancora: a cosa mai servirebbe questa indicazione sui biglietti? I marinai sanno dove si trovano le cabine e che numero hanno. Sarebbe un’indicazione del tutto superflua.
Forse, allora, la risposta è un’altra. Secondo alcune ricostruzioni posh sarebbe una parola proveniente dallo slang degli studenti universitari (Oxbridge), e sembra confermarlo un dialogo comparso sul Punch del 1918, in cui un giovane ufficiale parla con sua madre: “Oh, yes, Mater, we had a posh time of it down there.”–”Whatever do you mean by ‘posh’, Gerald?”–”Don’t you know? It’s slang for ‘swish‘”. (swish = alla moda) Quindi posh per swish. Chissà se è vero, chissà se è questa la risposta giusta.