Boris Johnson non vuole gli stranieri ma il suo bisnonno era turco

Ali Kemal, per tre mesi ministro dell’Impero Ottomano, era una delle figure di spicco dell’epoca. Tra colpi di stato, complotti e una fine violenta, riuscì a sposare a Londra una donna anglo-svizzera e ad avere da lei un figlio: il nonno di Boris

Per la famiglia dell’ex sindaco di Londra Boris Johnson l’11 settembre è un giorno importante. Ma non per quello che è accaduto alle Torri Gemelle nel 2001: bensì per quello che accadde a Paddington (non la stazione) nel 1903. Quel giorno la bisnonna di Boris Johnson, Winifred Brun, sposò il bisnonno di Boris Johnson, cioè Ali Kemal Bey. Proprio così: il padre del nonno di Johnson era un turco.

Ali Kemal, sia chiaro, non era un turco qualsiasi. Era un personaggio eminente dell’epoca, una voce importante del panorama ottomano: attivista politico sul fronte liberale (che all’epoca era in minoranza), giornalista, scrittore e intellettuale. Rimase invischiato nelle lotte interne al Paese che seguirono la fine dell’autorità del Sultano, nel 1908, e gli scontri con i Giovani Turchi (quelli veri, mica Fassina-chi) che volevano sostituire alla forma della monarchia assoluta un governo democratico e più aperto.

Era “un grande uomo di lettere, oratore eccellente e molto popolare”, almeno secondo il Times dell’epoca. Si muoveva in un mondo caotico, la Turchia di inizio secolo, che vide – tra le pulsioni nazionalistiche e liberali – il crollo dell’Impero Ottomano. Assistette alla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, agli scontri tra giornali e tra politici. Non tanto diverso, poi, rispetto a ciò che si vede ora con Erdogan.

Vista la sua propensione internazionale e la sua cultura, Ali Kemal amava molto viaggiare – cosa all’epoca riservata solo a pochi. Proprio in una di queste vacanze, in Svizzera, incontrò Winifred Brun-Johnson, mezza svizzera e mezza inglese. Se ne innamorò e, con il suo fascino levantino, riuscì a conquistarla. Nel giro di poco si sposarono. L’11 settembre a Paddington, appunto

Il suo legame con l’Inghilterra influenzerà anche la sua successiva attività politica in Turchia. Dalle prime sfide con i Giovani Turchi fino a quando, battendosi contro i forti nazionalismi che crescevano nel Paese, non sarà massacrato e ucciso. Un destino infelice.

Qualche anno dopo il matrimonio tornò a Istanbul, in tempo per finire implicato in uno dei casi più confusi dell’epoca: l’Incidente del 31 marzo del 1909 (attenzione: si chiama così perché all’epoca si utilizzava, in Turchia, un calendario diverso. Tutti gli episodi avvengono in aprile). Il clima era già infuocato: poche settimane prima fu trovato ucciso il direttore del Serbesti, giornale pro-Sultano e contrario alla rivoluzione dei Giovani Turchi. Ali Kemal non perde tempo e punta il dito contro i rivoltosi, indicandoli come i responsabili dell’omicidio. Ne nasce uno scontro tra giornali: da un alto c’è Ikdam, quello in cui lavorava il bisononno di Boris Johnson, dall’altro c’è Tanin, emanazione della Commissione per l’Unità e il Progresso, vicino ai Giovani Turchi. Nel frattempo le unità pro-restaurazione tentano, con un controcolpo di Stato, di rimettere al potere l’assolutismo. Ma tutto fallisce con l’intervento di altre forze militari, per riportare la situazione al punto di partenza, pochi giorni dopo. Ali Kemal capisce che non è più aria e decide di andarsene per un po’, proprio in Inghilterra. Proprio in quell’anno, a Bournemouth nasce Osman Wilfred Kemal, il nonno di Boris Johnson.

Nella storia della vita di Ali Kemal questo è un punto di svolta. La nascita del figlio coincide con la morte, nel parto, della moglie. Da qui inizia la seconda parte della sua esistenza, divisa per pochi anni in Inghilterra e poi, di nuovo, in Turchia. Nel 1912 lo si trova di nuovo a Istanbul, a predicare la necessità, da parte dell’Impero Ottomano, di muovere guerra nei Balcani: poco dopo gli scontri iniziano davvero. I disordini creano ancora più confusione: il potere passa nelle mani del triumvirato dei Tre Pascià, che guiderà il Paese in modo dittatoriale per tutto il periodo della Prima Guerra Mondiale. Ne usciranno sconfitti (loro tre, intanto, se la danno a gambe) e la guerra perduta si trasformerà, nel giro di poco, nella fine dell’Impero Ottomano. E intanto, dov’è Kemal?

Ai vertici: si è inserito nella battaglia per la successione ai Tre Pascià, tra le macerie di un Paese distrutto e di forze politiche allo sbando. Sostiene Ahmed Tevflik come Gran Visir (lo sarà per tre volte) e poi, l’anno dopo, con il nuovo Gran Visir Damat Ferid, diventa perfino Ministro per gli Interni. È qui che incontra la storia: Ali Kemal, in quanto membro del governo, partecipa alla Conferenza di Pace di Parigi, nel 1919. Quella che sancirà la vittoria mutilata italiana e terrà calde le braci per la nascita dei nazi-fascismi.

Lui, però, morirà poco dopo. Nel 1922 viene rapito a Istanbul mentre era dal barbiere. Caricato su un battello, viene spedito in direzione Ankara per un processo per tradimento. Il convoglio però viene fermato a Izmit, appena sopra Istanbul, dal generale Nureddin, alleato di Ali Kemal, che diventerà Kemal Ataturk, il padre amato e venerato dalla popolazione turca di oggi. Il generale non perde tempo: organizza un linciaggio e lascia massacrare il povero Ali Kemal. Viene, infine, impiccato. Sul suo corpo, a mo’ di scherno, viene anche appeso un cartello con la scritta “armeno”. Era colpevole di essersi schierato, più volte, contro il massacro (anzi, genocidio: lo dicono pure i tedeschi) del popolo armeno avvenuto negli anni precedenti.

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