Nel suo nuovo libro «Beethoven e la ragazza coi capelli blu» (Mondadori 2016) l’autore, il direttore d’orchestra e pianista Matthieu Mantanus, mette al centro della storia una giovane musicista che suona ad alto livello sia il basso elettrico in una rock band sia il contrabbasso in un’orchestra sinfonica. Musicisti “di confine”, ma non così rari come si potrebbe pensare. Con la rubrica #Beethoveninblue il JeansMusic Lab raccoglie e racconta le loro storie in una serie di interviste “crossover”
Ha solo 18 anni, ma il violino ha iniziato a far parte della sua vita ben 12 anni fa: Fausto Cigarini, modenese, deve ringraziare il padre – musicista in una band disco anni ’70 – se la musica è entrata nella sua vita. «La presenza di un grande appassionato di musica in famiglia ha influito notevolmente sulla mia scelta di iniziare a studiare seriamente uno strumento. Fin da piccolo mi portava in giro con lui per concerti in tutta Italia. Non smetterò mai di ringraziarlo per avermi introdotto in questo mondo». Il suo percorso da violinista è quasi alla fine: quest’anno affronterà l’ottavo in Conservatorio, all’Orazio Vecchi di Modena, e le sue partecipazioni in orchestre classiche e gruppi rock non mancano. L’estate scorsa ha superato un’audizione internazionale per entrare nella Verbier Junior Orchestra, in occasione del Festival di Verbier – tra i più celebri di musica classica al mondo – ed ha appena concluso un tour per promuovere l’ultimo album de l’Officina della Camomilla, “Palazzina Liberty”. I prossimi impegni continuano a vederlo alternarsi tra classica e rock: con L’Officina della Camomilla si esibirà il 7 luglio alla Festa dell’Unità a Carpi e il 31 luglio al Revolution Camp di Marina di Massa; con i Reverie, un altro dei gruppi di cui fa parte, suonerà invece il 15 luglio a ‘Sulla via (Emilia) per Woodstock 2016’ a Spezzano di Fiorano Modenese e il 23 luglio al Louder Rock Fest; mentre il 6 settembre sarà di nuovo con l’Officina della Camomilla al Carroponte a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano.
Com’è che ha cominciato a suonare il violino?
Quando avevo sei anni mio padre ha iniziato a portarmi in giro a sentire concerti classici. Una sera al teatro comunale di Modena ho assistito alla sesta sinfonia di Beethoven e sono rimasto folgorato: per quanto fossi solo un bambino decisi quel giorno che anch’io avrei suonato. Scelsi il violino perché sentivo che era lo strumento più adatto alla mia personalità. Così a nove anni ho cominciato da privatista con una giovane musicista modenese, Elena Luppi, che dopo un anno di lezioni mi consigliò di tentare l’ammissione in conservatorio. Mi sono iscritto all’ “Orazio Vecchi” di Modena e ho iniziato a studiare con la professoressa Paola Besutti, a cui sono infinitamente grato per la dedizione e passione che ha verso la musica e l’insegnamento. E oggi mi trovo a preparare sia l’esame di maturità che quello di 8° anno di violino!
Con il violino, però, non suona solo musica classica…
Beh, in casa un giorno si ascoltavano i Genesis e il giorno dopo Mahler, quindi sono stato sempre indirizzato all’ascolto di tanti generi diversi. In particolare tanta musica degli Who e dei King Crimson, motivo per cui le mie fondamenta musicali si trovano decisamente nel rock e nel progressive! Così durante le scuole medie è stato naturale inziare a suonare il violino in ambito non classico. Anche perché non c’è un genere che preferisco: quando ascolto musica vado dalla classica all’elettronica, dall’ambient alla musica etnica.
E poi al violino ha aggiunto la chitarra.
Avevo 13 anni e alcuni ragazzi del mio paese stavano mettendo su un gruppo musicale. All’epoca non pensavo ancora al violino come a uno strumento da inserire in un genere così distante da quello che studiavo in conservatorio, così scelsi di cominciare con la chitarra! Presi la Telecaster di mio padre e cominciai a imparare i primi accordi. Tutto però da autodidatta: l’impegno in conservatorio non mi permetteva di avere il tempo per seguire anche le lezioni di un altro strumento. Quindi diciamo che il mio approccio alla chitarra è decisamente più intuitivo di quello con il violino.
Quando avevo sei anni mio padre ha iniziato a portarmi in giro a sentire concerti classici. Una sera al teatro comunale di Modena ho assistito alla sesta sinfonia di Beethoven e sono rimasto folgorato: per quanto fossi solo un bambino decisi quel giorno che anch’io avrei suonato.
E suona il violino anche in complessi rock.
Esatto! Faccio parte de L’Officina della Camomilla dal 2015 e al momento siamo in tour: è un’esperienza che mi sta riempiendo di soddisfazioni. La preparazione è stata a livello molto alto e si è creata subito una rara affinità tra i vari componenti e quando ci si stima come persone prima di tutto allora anche il momento del concerto diventa meraviglioso. Suono anche nei Muretto Rovers, un gruppo attivo dal 2014 con una formazione più acustica che oltre al violino comprende percussioni, chitarra acustica e voce. In entrambi i gruppi mi alterno tra violino e chitarra. E poi sono membro dei Reverie fin dal 2011: siamo in quattro, amici di infanzia, e in questo caso oltre al violino e alla chitarra suono anche il synth e canto.
Che genere di musicista sente di essere?
Non penso di potermi identificare in un genere. Quando suono cerco sempre di trasmettere un’emozione a chi ascolta, a prescindere dal genere musicale. Suonando esprimiamo quei lati della nostra personalità che spesso restano nascosti: ridursi a un solo genere significherebbe privarsi della possibilità di conoscere un’altra parte di noi stessi. Per questo penso di essere molto fortunato nel riuscire a esprimermi in forme diverse. Ogni musicista dovrebbe avere la curiosità di varcare quel muro tra musica “colta” e “profana”: non farlo significa privarsi di un’occasione enorme di incontro e apertura, che va oltre la musica.
Rock e classica: qual è la differenza mentre suona?
Il rock e la musica moderna in generale sono caratterizzati da un elemento fondamentale: la composizione originale. Portare sul palco i propri brani significa esprimere cosa si è, la propria personalità. E poi nello spettacolo non si è soli: il pubblico è parte integrante ed attiva. Le emozioni provocate dalla musica classica invece sono più intime, personali. È un dialogo privato e meraviglioso tra te e il compositore, mentre la musica moderna senza coinvolgimento del pubblico si riduce a metà potenziale.
Suona in varie orchestre, gli altri musicisti cosa dicono della sua capacità di suonare generi così diversi?
Faccio parte dell’Ensemble Archimia e dell’orchestra sinfonica Bononcini e durante l’estate passata ho fatto parte anche della Verbier Junior Orchestra. Personalmente non trovo difficile conciliare i diversi generi musicali, anzi credo sia una grandissima occasione per un musicista perché si ricevono tantissimi stimoli. Mi sentirei incompleto a suonare un unico genere ritenendolo più alto e dignitoso. Pensano lo stesso anche i miei colleghi in orchestra, tra noi scherziamo su questa particolarità. Tra giovani musicisti non vi è nulla di insolito, anzi spesso ci scambiamo molti stimoli interessanti!
In casa un giorno si ascoltavano i Genesis e il giorno dopo Mahler, quindi sono stato sempre indirizzato all’ascolto di generi diversi. In particolare tanta musica degli Who e dei King Crimson, motivo per cui le mie fondamenta musicali si trovano decisamente nel rock e nel progressive!
Il rapporto con il pubblico cambia a seconda del genere che suona?
Certo! Con la musica moderna non ci sono quelle convenzioni che si hanno quando si ascolta classica: c’è più empatia e dialogo tra musicista e pubblico, lo spettacolo è composto da tutte e due le parti. Il brano classico, invece, sussiste di per sè: il pubblico è semplice spettatore, che gusta la bellezza del brano. Questo anche perchè il pubblico percepisce cosa accade sul palco: nella musica classica siamo interpreti, con l’ambizione di eseguire al meglio il brano di un altro compositore. Nella musica moderna, in cui tu componi, porti te stesso sul palco. E nel mio caso penso sia anche incuriosito dall’accostamento di uno strumento così tipicamente classico a un genere moderno, magari anche con l’uso di effetti.
Rivedere impianti scenici avvicinerebbe più giovani alla classica?
Beh, il modo in cui viene presentato uno spettacolo influisce sempre! L’utilizzo di luci potrebbe evidenziare le diverse sensazioni che un brano classico è in grado di provocare, avvicinando i più giovani. Ma un passo avanti si può fare rendendo questo genere musicale più fruibile: la musica è un linguaggio, così la classica. E se non si conosce una lingua non la si capisce. Se i giovani non vanno più ai concerti classici, anche se penso sia più uno stereotipo che la realtà, la colpa non è loro. Dove ascoltano la musica classica? Le politiche culturali dei governi italiani nell’ultimo quarto di secolo sono state molto poco attente. Non si sono preoccupate di tutelare e diffondere a livello popolare la musica “colta”.
E allora cosa fare?
Per esempio inserire la musica in un programma scolastico che venga definito completo, come accade in Germania dove è materia anche nelle scuole superiori. Nessuno pensa che oltre al valore artistico abbia anche una grande importanza a livello storico. Basti pensare a quanto fu importante la musica di Verdi durante il Risorgimento italiano. E poi non dimentichiamoci che recenti studi hanno dimostrato come lo studio di uno strumento musicale, oltre all’apprendimento di una nuova lingua, sia uno dei fattori principali per conservare l’energia cerebrale. Perciò è fondamentale avvicinare gli studenti a questo percorso.
Intervista di Marianna Lepore per JeansMusic Lab