Il Paese dove si lavora meglio è l’India: lo dicono gli indiani

Una ricerca svolta su 15 Paesi in tutto il mondo prende in esame il wellbeing al lavoro. L’Italia è messa male, ma peggio di noi ci sono i giapponesi

Già non è facile trovarlo. Quando poi c’è, non è detto che il lavoro dia soddisfazioni e susciti interesse. Secondo la ricerca Edenred Ipsos del 2016, il wellbeing al lavoro, cioè una forma di benessere del lavoratore dipendente che si compone di vari fattori (l’ambiente lavorativo, il rispetto dei capi, la sensazione di trovarsi in un ambiente serio) non è per nulla scontato.

Lo studio prende in esame 15 Paesi di tutto il mondo e mette a confronto i risultati, facendo una media delle diverse risposte. Risultato? Il Paese dove si lavora meglio è l’India, con un punteggio di 88 su 100. Subito dopo viene il Messico, con un punteggio di 81 e poi gli Usa, con 77 (a pari merito con Cile e Brasile. Il primo Paese europeo in classifica è la Germania, con un punteggio di 74. L’Italia è penultima, con 63. Sotto di noi c’è solo il Giappone, con un incredibile 44. Cioè la metà dell’India.

Se si guardano i dati disaggregati, si capisce un po’ meglio. I lavoratori italiani sono soddisfatti (ma in modo leggerissimo) dell’atteggiamento del management nei loro confronti, specie quando si tratta di valutare le loro capacità. Meno contenti quando si considera l’ambiente di lavoro e il proprio futuro nell’azienda. Gli statunitensi sono contenti per ogni cosa, tranne che per l’idea di andare al lavoro ogni mattina. I tedeschi, in una situazione di generale tranquillità, si sentono poco rispettati dai loro manager.

India e Giappone sono due universi distanti. Gli indiani sono orgogliosi dell’attenzione che i loro datori di lavoro dedicano a loro, sentono che le loro capacità vengono sfruttate al meglio e sono molto fiduciosi. Hanno però la sensazione che non sia tutto chiaro, sul posto di lavoro. Soprattutto la questione dell’assegnazione dei compiti. Anche il materiale a disposizione lascia a desiderare (ma per un Paese in via di sviluppo è il minimo). I giapponesi, invece, quando si considera l’ambiente lavorativo toccano profondità da depressione. Non amano andare in ufficio e non sono sicuri per nulla del proprio futuro nell’azienda. Una confessione pericolosa: chi perde il lavoro, spesso, preferisce diventare un homeless anziché tornare a casa. Al contrario dell’India, però, hanno un’idea chiarissima di ciò che si chiede loro. Insomma, considerando la forsennata, iperformale cultura aziendalista che li permea, non è così strano che non si sentano molto bene quando sono sul posto di lavoro.