Pizza ConnectionIl “suicidio” di David Rossi e il falso scoop del New York Post

Nessuno scoop: la procura aveva già sentito i due uomini che compaiono nei fotogrammi. Solo il risultato dell'autopsia potrà dare certezze e chiudere il cerchio sulla morte dell'ex capo della comunicazione di Mps

LA NON NOVITA’ DEL VIDEO DEL NEW YORK POST

Che il caso di David Rossi fosse una delle vicende più controverse del caso Monte dei Paschi di Siena non è noto solo agli addetti ai lavori. Tuttavia a tre anni di distanza da quel 6 marzo 2013 la morte del capo della comunicazione di Rocca Salimbeni rimane un mistero. Uno dei tanti legati alla storia delle banche italiane, e non solo, come ricostruito in questo servizio del New York Post. Perché a far riaccendere un faro sulla morte di David Rossi è proprio lo stralcio preso dalla telecamera di sorveglianza numero sei della sede di Mps e pubblicata dal New York Post. Le immagini in men che non si dica fanno il giro del mondo e dei social. Nel video appaiono in particolare due persone che si avvicinano al corpo e poi si allontanano. Un’immagine sinistra, data anche l’impressione diffusa che Rossi sia “stato suicidato”.

La realtà almeno riguardo le due persone che compaiono nel video, è che sono state identificate dalla procura di Siena tre anni fa e che sono stati interrogati poche ore dopo il ritrovamento del corpo. Si tratta di Bernardo Mingrone, oggi capo del settore finanziario di Unicredit all’epoca vicedirettore generale finanza di Rocca Salimbeni, e Giancarlo Filippone, collega del manager e amico di Rossi.

Ad avvisare il 118 è stato lo stesso Mingrone alle 20.30 dopo essersi recato nell’ufficio di Rossi e aver visto dalla finestra affacciata su via Banchi di Sopra il cadavere del capo della comunicazione di Mps. La registrazione dura 58 minuti e 20 secondi, i due arrivano al minuto 56 e 18, pochi minuti prima dell’arrivo dei soccorsi. Nessun mistero dunque sull’identità dei due uomini e nemmeno sui motivi per cui i due si trovavano da quelle parti: erano stati allertati dalla moglie, Antonella Tognazzi, quel giorno a casa malata, che non riuscendo a contattare il marito si mise in contatto con i due. Una volta arrivati sul posto la scoperta mezz’ora abbondante dopo la caduta di Rossi.

I misteri del video infatti rimangono sulle ombre che si affacciano nel vicolo tra le 19.58 e le 20.30 ora di arrivo di Mingrone e Filippone. L’inchiesta dei magistrati senesi sul caso prosegue, riaperta (dopo l’archiviazione per l’ipotesi di istigazione al suicidio) nei mesi scorsi su istanza dei legali della famiglia Rossi, che alla tesi del suicidio non hanno mai creduto. Tanto che lo scorso 22 marzo la procura riaprendo il fascicolo ha disposto nuovi accertamenti autoptici avvenuti lo scorso aprile a Milano e in attesa della relazione scientifica. Il prossimo 25 giugno si effettueranno anche le simulazioni per appurare la dinamica della caduta: per il legale della famiglia Rossi l’ex capo della comunicazione di Mps sarebbe stato ucciso da almeno due persone.

LE FASI DELLO SCANDALO MPS

Tra maggio e luglio 2012 275 finanzieri sono impegnati in una cinquantina di perquisizioni. Nel mirino della procura senese e delle Fiamme Gialle l’accordo di Mps con Banco Santander per l’acquisizione di Antonveneta per 9,3 miliardi di euro e i derivati sottoscritti con le banche straniere Nomura e Deutsche Bank, che secondo gli inquirenti hanno avuto il solo compito di abbellire i bilanci e nascondere il dissesto dovuto all’acquisizione di Antonveneta.

Per l’ormai famoso derivato Alexandria l’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari è stato condannato a tre anni e sei mesi e con lui gli altri due imputati: l’ex dg Antonio Vigni e l’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri. Mentre per l’acquisizione di Antonveneta è in corso il processo al tribunale di Milano dove i pm Stefano Civardi, Mauro Clerici e Giordano Baggio hanno messo sul tavolo le accuse di falso in bilancio, ostacolo alle attività di vigilanza di Consob e Bankitalia, aggiotaggio e falso in prospetto per fatti commessi tra il 2008 e il 2012.

La finanza allegra e le casse vuote della banca si mischiavano con la politica e la spartizione delle poltrone che aveva da sempre contraddistinto la banca e la Fondazione Monte dei Paschi. Quest’ultima ha sempre vissuto di nomine e spartizioni politiche, di «rappresentanza» le definisce qualcuno. L’equilibrio era spartito tra quote di maggioranza (solitamente appannaggio di Pds e Ds) che si riservavano la presidenza tenendo una quota per la minoranza, mentre alla banca si sono sempre contraddistinte presidenze cattoliche. Mussari arriva infatti alla presidenza della Fondazione nel 2001 in quota Pci-Pds-Ds e nel 2006 vola invece ai vertici della banca. Per mantenere gli equilibri alla Fondazione arriva allora l’ex Dc e Margherita Gabriello Mancini. Sottili equilibri rotti dalle inchieste, arrivate in un periodo in cui più nessuno poteva girarsi dall’altra parte.

La vicenda Rossi affonda invece le radici il 19 febbraio 2013, data della perquisizione della Guardia di Finanza nell’abitazione dell’ex capo della comunicazione di Rocca Salimbeni

LA VICENDA DI DAVID ROSSI

La vicenda Rossi affonda invece le radici il 19 febbraio 2013, data della perquisizione della Guardia di Finanza nell’abitazione dell’ex capo della comunicazione di Rocca Salimbeni. Da lì la vita di David Rossi cambia. È guardingo, scrive all’amministratore delegato Fabrizio Viola chiedendo protezione, in casa comunica scrivendo a moglie e figlia temendo di essere intercettato e quel sei marzo non risponde ai giornalisti che lo cercano sul cellulare.

Tuttavia nell’ultima chiamata alla moglie Antonella dee 19.02 non parla come qualcuno che sta per suicidarsi: «Alle 19.30 vengo a casa così ti faccio l’iniezione. Ho già comprato tutto il necessario. Prima però passo a prendere le polpette che ho ordinato per cena. A dopo». Il volo dalla finestra e le riprese della telecamera di sorveglianza sono gli ultimi istanti di vita di David Rossi e uno dei perni delle indagini.

Poi più nulla se non un numero digitato sul cellulare: 409909 e, a detta dell’avvocato anche accessi al computer di Rossi dopo il decesso con la password usata dallo stesso. Senza contare delle lettere d’addio strappate e cestinate malamente ricomposte dagli inquirenti. Si ritiene possano essere si state scritte da Rossi ma sotto coercizione. Interrogativi su cui l’inchiesta degli inquirenti senesi è chiamata a fare luce una volta per tutte.

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