Non si può dire che nella campagna elettorale calabrese Matteo Renzi non ci avesse messo la faccia. Nei mesi prima delle amministrative, il presidente del Consiglio era sceso in Calabria tre volte. Per l’inaugurazione del diaframma di Mormanno della Salerno-Reggio Calabria a marzo, annunciando la fine dei lavori sull’autostrada entro il 22 dicembre 2016. Per l’inaugurazione del museo archeologico dei Bronzi di Riace a fine aprile, quando aveva sottoscritto anche il “patto per la Calabria”. E per l’inaugurazione dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi a fine maggio. Ma tagliare nastri, forse, non basta. Almeno non in una regione l’economia continua ad arretrare (lo dice l’Unindustria locale) e nel 2015 si sono persi ancora settemila disoccupati.
E dopo i ballottaggi si tirano le somme, con il Partito democratico che ha perso anche Crotone, dopo Cosenza, Lamezia e Vibo Valentia (ex roccaforti del Pd conquistate nel 2015 dal centrodestra). Una bocciatura secca, a due anni dal boom elettorale di Mario Oliverio alle regionali. Che oggi guida una regione in cui quattro città su cinque sono in mano ai suoi avversari politici. L’unico feudo calabro del Pd resta Reggio Calabria, conquistata nel 2014 dal giovane democratico Giuseppe Falcomatà, eletto nel momento in cui il renzismo era ancora all’apice del successo.
A Crotone, il Pd governava con Peppino Vallone dal 2011. Una roccaforte per il partito del premier, finita ora nelle mani di Ugo Pugliese, candidato di una coalizione di centrosinistra, che ha sfiorato il 60 per cento dei voti sconfiggendo la dem Rosanna Barbieri.
Una sconfitta su cui i dem calabri speravano. E che brucia, e non poco, al Partito democratico calabrese, guidato dal deputato renziano Ernesto Magorno. Soprattutto perché arriva dopo il flop di Cosenza, dove il sindaco uscente Mario Occhiuto ha vinto al primo turno delle amministrative. Inizialmente proprio da Roma era arrivata l’investitura di Lucio Presta a candidato sindaco Pd della città, senza neanche passare per le primarie. Il manager dei vip a fine aprile però si era ritirato dalla corsa a primo cittadino. Ufficialmente per «motivi familiari», ma ufficiosamente per il mancato accordo con il Nuovo centrodestra, rappresentato in Calabria dal senatore Antonio Gentile, che invece ha sostenuto la candidatura dell’avvocato Enzo Paolini. Un pastrocchio che ha portato poi in tutta fretta alla nomina del candidato dem Carlo Guccione, sostenuto anche dal leader di Ala Denis Verdini, arrivato fino a Cosenza in suo aiuto. Ma alla fine a Occhiuto, fatto cadere a quattro mesi dalle elezioni con le dimissioni di 17 consiglieri, è bastato il primo turno per tornare a sedersi a Palazzo dei Bruzi.
E nonostante lo sforzo del premier di far annunciare a tutti che il governo fosse in prima fila contro la ‘ndrangheta calabrese (teoria non proprio condivisa dai magistrati), in tre centri nevralgici come Platì, San Luca e Rosarno il Partito democratico non ha presentato alcuna lista alle elezioni. L’ultima resa, alla vigilia delle urne, era arrivata dalla candidata simbolo Anna Rita Leonardi, che Renzi aveva investito come donna coraggio direttamente sul palco della Leopolda.
L’unica vittoria che Renzi si aggiudica in Calabria ai ballottaggi è quella di Rossano, cittadina sulla ionica cosentina. Dove ha vinto l’imprenditore Stefano Mascaro. Ma attenzione, solo grazie a una “innovativa” coalizione tra il Partito democratico e Forza Italia. Una santa alleanza che dice tutto dello stato del partito di Renzi in Calabria.