È il maggiore retailer al mondo, più grande ancora di Walmart. È stato protagonista dell’Ipo maggiore di sempre, a Wall Street, nel 2014. E ha intenzione di raggiungere entro il 2036 la cifra di 2 miliardi di clienti. Per arrivarci, Alibaba ha intenzione di passare da una sempre maggiore internazionalizzazione. E, in Europa, ha deciso di partire dall’Italia, seguita a ruota da Londra. A spiegare quali siano i piani della piattaforma per l’Italia ci ha pensato Christina Fontana, senior manager business development per Alibaba Italy, parlando a Milano durante l’Osservatorio Non Food di Gs1 Italy. Piani che, almeno per ora, non passano dalla vendita diretta in Italia. «Quale sarebbe il valore aggiunto di un Alibaba in Italia? – si è chiesta sul palco – Ci sono già Amazon e altri tanti bravi operatori. Non abbiamo ancora trovato una business way per vendere in Italia. Il nostro target per arrivare a 2 miliardi di clienti è il Sud Est asiatico. Anche se potremo fare qualcosa in Europa e negli Stati Uniti». Fontana, italo-americana laureata a Berkeley, fino al dicembre scorso è stata country manager per l’Italia di HiPay e in precedenza è stata in H3G e Telecom Italia. A Linkiesta ha spiegato perché Matteo Renzi è stato il capo di governo che Jack Ma, fondatore di Alibaba, ha incontrato con più frequenza. Perché Ma e tutto il management hanno voluto girare l’Italia, studiando le aziende che durano da varie generazioni. E perché, dal suo punto di vista, le accuse ad Alibaba di favorire la contraffazione non hanno fondamento.
Cominciamo dalle basi: che cosa fa Alibaba in Italia?
Alibaba ha cominciato un programma di globalizzazione. Il consumatore cinese è sempre più ricco, ha disponibilità economica, si affaccia sul mondo internazionale e ha voglia di prodotti di qualità. Per questo il Made in Italy è molto interessante per i clienti cinesi. Abbiamo aperto in Italia alla fine del 2015 proprio per portare il Made in Italy ai consumatori cinesi.
Per il momento non volete vendere ai consumatori italiani. Che cosa farà invece tra tre anni Alibaba nel nostro Paese?
Alibaba è una società che ha 17 anni. Siamo dei teenager. Se chiede a qualsiasi ragazzo di 17 anni cosa farà a 20, pochi sapranno darle una risposta chiara. Noi siamo in questa situazione. È una società che è in evoluzione continua. Onestamente oggi non so cosa faremo in Italia da qui a tre anni.
Mercoledì un giornale locale veneto diceva che Alibaba è nella regione alla ricerca di aziende vinicole. Siete lì per comprarle? A che aziende siete interessati?
Non stiamo facendo acquisizioni di aziende. Siamo nel Veneto per cercare società che vogliono vendere sulle nostre piattaforme. Jack Ma è stato in Italia al Vinitaly in aprile per annunciare un festival del vino (virtuale, ndr) il 9 setttembre. Il nostro obiettivo come team italiano è di far vendere il più possibile vino italiano sulla piattaforma di Alibaba. L’Italia è il primo produttore di vino nel mondo e nella maggior parte dei Paesi il suo vino è il primo prodotto importato. In Cina non è così: l’Italia rappresenta solo il 6% del mercato del vino. Abbiamo preso come obiettivo personale il ribaltamento della situazione. Quindi in Veneto e in Trentino stiamo cercando prodotti da portare sulla piattaforma.
In Francia invece sono state proprio acquisite delle cantine.
Alibaba non ha fatto acquisizioni. Jack Ma come persona ha acquisito sue cantine.
Quindi in Italia non ci sono acquisti di aziende.
No. E poi, ripeto, quelli erano acquisti personali di Jack Ma. Jack ha molte case in giro per il mondo.
«In Cina abbiamo fatto di tutto. In Italia possiamo fare di tutto»
Cosa ha cambiato la visita di Jack Ma al Vinitaly, dove ha parlato con Matteo Renzi? C’è stato un cambio di velocità nei piani per l’Italia?
Renzi è il leader internazionale che Jack Ma ha visto di più da quando Renzi è premier dell’Italia. Si sono incontrati quattro o cinque volte a questo punto. Noi abbiamo in atto diverse collaborazioni con il governo italiano. Questa settimana si è parlato molto dell’accordo che abbiamo fatto con il ministero dell’Agricoltura per proteggere i prodotti Dop e Doc. Abbiamo parlato, come già detto, di come aiutare il vino italiano a crescere sulla piattaforma. Quindi ci sono moltissime opportunità per l’Italia sul mercato cinese.
Ma perché c’è un rapporto così speciale con Renzi?
Nella mia personalissima esperienza di viaggi che ho fatto in Cina e vivendo in Italia, sempre come straniera in tutti questi posti, vedo tantissimi cambiamenti culturali che la Cina deve affrontare e che sono stati affrontati in Italia in passato. In Cina, per esempio, uno dei temi più importanti di questi anni è quello delle persone che lasciano le campagne per andare in città.
Cosa significa per Alibaba?
Uno dei nostri focus per quest’anno è World Taobao. C’è un progetto per rivitalizzare anche le campagne cinesi, per permettere alle persone che ci vivono di rimanere nelle loro zone ed essere comunque produttive. Un altro tema è che Jack Ma e tutti i soci fondatori di Alibaba sono venuti in Italia perché Alibaba vuole essere una società che duri 102 anni. Così avrà tre secoli di vita. Hanno fatto un giro in Europa e in particolare in Italia per studiare le aziende che esistono da generazioni. Questo è un valore culturale italiano che è stato condiviso con la Cina.
A proposito di acquisizioni, è stato annunciato l’acquisto del 70% dell’Inter da parte di Suning, dove Alibaba è azionista al 20%. Questo cambia le cose? Faciliterà l’ingresso nel mercato italiano?
Magari l’Inter aprirà finalmente un negozio per vendere le sue maglie ai consumatori cinesi.
Ci sono state invece tante voci sulla volontà di Alibaba di acquistare il Milan. Sono vere queste voci?
No comment. Anche in questo caso ci sono diversi discorsi da fare. Mister Jack Ma può fare quello che vuole. Non è Alibaba che è in lizza per comprare il Milan. Sono comunque solo rumors.
«Jack Ma e tutti i soci fondatori di Alibaba sono venuti in Italia perché Alibaba vuole essere una società che duri 102 anni. Così avrà tre secoli di vita. Hanno fatto un giro in Europa e in particolare in Italia per studiare le aziende che esistono da generazioni. Questo è un valore culturale che ha l’Italia che è stato condiviso con la Cina»
Alibaba spesso viene descritta come un incrocio tra eBay e PayPal. In realtà ha tantissime applicazioni in ogni ambito, dai viaggi ai servizi finanziari, da enormi piattaforme simili a Twitter (Weibo) e Youtube (Youku Tudou), fino ai servizi di streaming di film e ai servizi di prenotazioni per baby sitter e taxi. Cosa potrà essere portato di tutto questo in Italia?
In Cina abbiamo fatto di tutto. In Italia possiamo fare di tutto.
Ci sarà un padiglione italiano permanente su Tmall, la vostra piattaforma dove le aziende hanno una vetrina per fare ecommerce? E quando?
Abbiamo appena fatto una operazione per la festa della Repubblica, assieme all’Ice, che ci ha dato un grande sopporto. Erano presenti più di 100 aziende italiane su Tmall per promuovere i loro prodotti. Questo è per noi il primo passo verso una presenza permanente sulla piattaforma.
Ci può dare una risposta netta su una ricerca la quale ha stimato che il 70% delle merci contraffatte nel mondo vengono dalla Cina e che Alibaba è il principale veicolo di tali prodotti contraffatti?
Primo: lo studio che citava il dato è stato ritirato direttamente dal governo cinese. Secondo: Alibaba riconosce che il problema della contraffazione è un problema enorme, che tocca purtroppo non solo Alibaba, non solo la Cina, ma è un problema mondiale, contro il quale Alibaba però fa più di qualsiasi altra piattaforma online per contrastare la vendita di falsi sulla nostra piattaforma.
Alibaba comprerà il Milan? «No comment. Mister jack Ma può fare quello che vuole. Non è Alibaba che è in lizza per comprare il Milan. Sono comunque solo rumors»
Le aziende italiane sono in ritardo nel capire come cambia il mercato cinese, sempre più orientato ai consumi? L’ultimo rapporto della Fondazione Italia Cina ha mostrato che i dieci settori in cui esportiamo di più sono praticamente gli stessi nei quali i cinesi esportano in Italia. Come la vede dal vostro punto di vista?
Noi siamo focalizzati su tre settori: food, fashion e design, che sono tra i settori trainanti dell’economia italiana. E vogliamo accompagnare queste aziende sul mercato cinese, che è un mercato difficile. La cosa che posso dire è che per andare in Cina ci vuole una vera e propria strategia.
C’è una biografia non autorizzata di Jack Ma, scritta da Porter Erisman (pubblicata in Italia da Egea), che descrive il fondatore agli inizi: una persona idealista, ottimista ma anche con dei tratti naive e una certa difficoltà a parlare in pubblico. Come è cambiato oggi Jack Ma?
Non ho letto il libro di Porter Erisman, non conoscevo Jack Ma allora e lo conosco poco adesso. Non posso dire quindi nulla su questo aspetto.