TaccolaUnicredit, con Mustier e il via libera europeo l’aumento di capitale si fa più vicino

Jean Pierre Mustier è il nuovo ad di Unicredit. La nomina a un mese dalle dimissioni di Ghizzoni e dopo le pressioni a seguito della Brexit. Finisce un balletto di nomi non degno di una banca internazionale. Ma rimane il nodo dell’aumento di capitale. Nel 2007 lo scandalo Kerviel

Con la nomina di Jean Pierre Mustier è finito il balletto sul nome del nuovo amministratore delegato di Unicredit. La Brexit divenuta realtà e le banche italiane nella bufera facevano apparire grottesca la scadenza di due mesi di tempo per scegliere il successore di Federico Ghizzoni (dimessosi il 24 maggio) al vertice di uno dei due maggiori istituti di credito italiani. La scadenza di due mesi era stata indicata all’inizio di giugno dal presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, poco dopo la nomina del cacciatore di teste, Egon Zehnder. Cominciò uno spettacolo variamente definibile. Potremmo dire “italiano”: nomi che venivano fuori continuamente – forse delle autocandidature mascherate – smentite, poi ancora liste su liste con nominativi che continuavano a tornare. Una grande banca d’affari internazionale, commenta un analista del settore bancario, avrebbe designato il successore di un amministratore delegato mezz’ora dopo l’annuncio delle dimissioni. Concetto ribadito, con altri termini, dall’ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a inizio settimana. Nei giorni scorsi erano aumentate le pressioni da parte del ministro dell’Economia e Finanze Pier Carlo Padoan e, a quanto riportato, da Banca d’Italia e dalla Bce, perché si velocizzasse il processo di selezione.

Il nome più clamoroso, tra tutti quelli usciti, è stato quello di Corrado Passera, indicato dal Fatto Quotidiano come praticamente certo “salvo sorprese dell’ultimo minuto”, appena dopo la sconfitta elettorale di Stefano Parisi al Comune di Milano.

l vero nodo della nomina, come nella vicenda delle dimissioni di Ghizzoni, stava nella possibilità di fare o meno un aumento di capitale

Sotto osservazione non erano solo il profilo del nuovo amministratore, se più internazionale o più addentro ai meccanismi italiani, se più orientato al retail o all’investment banking. Il vero nodo, come nella vicenda delle dimissioni di Ghizzoni, stava nella possibilità di fare o meno un aumento di capitale. La banca ha dovuto effettuarne ben tre nell’ultimo decennio, tra il 2009 e il 2012: uno sforzo di circa 15 miliardi di euro per far fronte alla crisi finanziaria del 2008 e successivamente a quella dei debiti sovrani del 2011. Ghizzoni avrebbe avuto il veto degli azionisti a farne altri. Quantomeno di alcuni azionisti, perché Unicredit è tra le banche dall’azionariato più complesso: ci sono gli emiratini di Aabar, il fondo americano Blackrock, Cariverona e il fondo sovrano libico. Shareholder a cui si aggiungo altre fondazioni, come Crt e Carimonte, e investitori privati come Caltagirone. In ogni caso, il ribaltone sarebbe avvenuto principalmente perché i coefficienti patrimoniali si stavano abbassando (appena sopra i limiti imposti dalla Bce e con gli stress test alle porte) e la strada alternativa all’aumento di capitale, il piano di cessioni, stava andando troppo al rilento.

Tra gli azionisti sono stati quelli italiani a essere i più contrari a nuovi aumenti di capitale. Per questo il fatto che la nomina di Mustier sia stata spinta, a quanto si dice, soprattutto da Paolo Biasi (Fondazione CariVerona) e da Fabrizio Palenzona (Fondazione CariTorino) non dà chiare indicazioni su cosa succederà. Aabar, rappresentato in consiglio da Luca Cordero di Montezemolo e considerato più aperto sul fronte dell’aumento, avrebbe dato il via libera a denti stretti. Si registra però l’opposizione (con astensione finale) di Alessandro Caltagirone, figlio di Francesco Gaetano Caltagirone, uno dei soci italiani più pesanti. Significativa la prima dichiarazione da Ceo di Mustier: gli «obiettivi fondamentali dovranno essere il rafforzamento dei requisiti di capitale e la crescita dei risultati economici».

Accanto a questa misura servirà portare avanti un piano di dismissioni, molto complicato perché è elevato il rischio di svendite. L’operazione più importante, la fusione della società di investimenti Pioneer Investments con Santander, sta andando a rilento, a un anno dal raggiungimento di un primo accordo. Al successore di Ghizzoni sarà chiesto di spingere sulle sulle cessioni di attività nell’Europa centrale e orientale, in Austria e Germania, ma anche Polonia (banca Pekao) e Turchia.

Per operazioni di questo tipo serviva un manager dal profilo internazionale. Così è Mustier, che è francese e fortemente radicato a Londra. Ma può vantare una forte conoscenza del mondo italiano, proprio perché è già passato dalla banca che ora ha sede in piazza Gae Aulenti, a Milano. Il banchiere, oggi 55enne, in Unicredit è stato dal 2011 al 2014 capo della divisione Corporate e Investment Banking (“Cib”), ha un profilo ancora da decifrare. Il suo è il profilo di un investment banker e sembra che la Bce gli avrebbe preferito un banchiere “classico”, senza troppi trascorsi in banche d’investimento. «Sono discorsi che hanno poco senso, l’importante quando si è a quel livello è avere una visione di fondo e trovare dei buoni manager per le singole divisioni».

Mustier, che in Unicredit dal 2011 al 2014 capo della divisione Corporate e Investment Banking (“Cib”), ha un profilo ancora da decifrare. La sua nomina ha tutto il sapore di un compromesso. È uno straniero, francese ma fortemente radicato a Londra. Ma può vantare una forte conoscenza del mondo italiano

In attesa di conoscere i piani per il futuro, le prime ore dopo la nomina di Mustier sono state dominate dal ricordo di alcuni episodi del suo passato. In particolare a tornare è stato il fantasma del buco da 5 miliardi causato da un suo sottoposto. Era il 2007, Mustier era responsabile di Société Générale Corporate and Investment Banking. Il trader Jérome Kerviel, alle sue dipendenze, accumulò posizioni speculative per 50 miliardi di euro. Superò i limiti a lui consentiti e sviò i controlli con operazioni fittizie e menzogne ripetute. Fu lo stesso Mustier a denunciare il trader, che fu poi condannato a 5 anni. Ma l’episodio rimase appiccicato al curriculum del manager, che ammise di non aver fatto controlli sufficienti, considerato l’ammontare delle somme spostate. Due anni dopo il secondo neo della carriera: nel 2009 L’Autorité des marchés financiers, l’equivalente francese della Consob, lo accusò di aver venduto azioni di Société Générale sulla base di informazioni privilegiate di cui disponeva nell’agosto 2007. Al processo fu assolto, ma l’Amf gli affibiò comunque una sanzione da 100mila euro. Dopo questa vicenda Mustier lasciò SocGen. Divenne consulente e socio di Tikehau Capital Advisors, società francese specializzata nella gestione del debito ad alto rischio.

Nel marzo 2011 l’arrivo a Unicredit, dove diventa capo della divisione Corporate e Investment Banking (“Cib”). Come ricordò un’analisi di Lorenzo Dilena su Linkiesta, Mustier dovette cedere la sua parteciazione in Tikehau e fu Unicredit a rilevare una quota di minoranza nella società francese, pari al 10 per cento. Unicredit, poi, si impegnò anche a sottoscrivere i fondi di Tikehau per 100 milioni di euro. In quella società è tornato nel gennaio 2015, dopo aver lasciato nel dicembre 2014 la Corporate and investment banking di Unicredit ed essere entrato nell’International advisory board del gruppo Unicredit. Ora la nuova avventura, in una delle banche più difficili da gestire d’Europa.