Arte da toccare: dipinti ricreati in 3D per le mani dei ciechi

L’idea degli "screw painting" serve a far vedere i quadri anche a chi vedere non può. Con le dita si ripercorrono forme e contorni dei ritratti

L’idea è semplice e, appunto, geniale. Trasformare i dipinti in due dimensioni in opere in 3D, cioè in oggetti che possono essere visti e soprattutto, toccati. Cioè che possono essere apprezzati sia da persone vedenti che, soprattutto, da persone non vedenti. Lo ha pensato Andrew Myers: è (così lo chiama lui) l’arte degli “screw painting” (quadri fatti con viti), nata come un fulmine quando, durante una mostra, un uomo cieco si era avvicinato a una delle sue sculture e, allungando le mani, aveva cercato di coglierne la forma. L’intuizione avvenne in quell’istante – un momento incredibile, spiega lo stesso Myers, in questo documentario sul suo lavoro, prodotto dal suo agente. Era un cieco che, “per un istante, poteva vedere”, o qualcosa di simile.

Quello fu l’inizio. Myers si rivolse poi a George Wurtzel, un artigiano intagliatore (anche lui non vedente), scattò una foto e la riprodusse come se fosse una scultura. Poi gliela sottopose, perché anche lui, toccandola, potesse “vederla”. “Il mio naso non è così grosso”, commentò Wurtzel ridendo.

Gli “screw painting” di Myers sono opere che richiedono un certo impegno. Serve, per ciascuno, almeno un mese (o al massimo tre). Si comincia con una bozza realizzata sul compensato, poi con una griglia da sovrapporre (con cui effettuare i buchi sul compensato stesso). Poi, per ogni buco, viene inserita una vite, in modo da rappresentare i contorni e le forme naturali di un ritratto. “Si comincia sempre dal naso, poi le ciglia, gli zigomi e il mento. Sono i miei punti di riferimento con cui si costruisce il volto”. Da lì, poi, è tutto in discesa. Il tocco finale è il colore. Unica concessione alla tradizione (e ai vedenti), “perché – spiega – ogni volta che li guardavo sentivo che mancava qualcosa”.

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