Diamole tempo, ma quanto? Luglio se ne è già andato. In agosto, a Roma, non si muove paglia. Settembre? Ottobre? Persino il sito di denuncia romano più affezionato al M5S – Roma fa schifo – comincia a stufarsi di aspettare Virginia Raggi e protesta perché dopo le feste, i fiori, gli auguri, le controversie interne, Roma deve ancora capire di che pasta è fatta la nuova sindaca e anche la prima riunione di giunta, ieri, si è conclusa con un sostanziale “boh”.
La torinese Chiara Appendino, al confronto, fila come un treno. Dopo aver fatto la giunta in cinque minuti, ha presentato un programma di 62 pagine, inviato a tutti i consiglieri, estremamente specifico. C’è tutto, dallo stop al consumo di suolo alla revisione delle varianti urbanistiche. E poi: le Ztl di quartiere, il trasferimento degli occupanti dell’ex-Moi, il No a nuovi centri commerciali, la chiusura della Fondazione Cultura in nome di una diversa gestione dei bandi. Tutto tutto, persino il trasferimento di tutti gli uffici comunali in una sola sede e la promozione della dieta vegetariana e vegana, che fa un po’ ridere, ma rivela il piglio minuzioso del documento.
Il Torino-Plan è stato messo a punto in tre giorni di seminario a porte chiuse e sarà discusso in aula il 29 luglio. E stupisce il fatto che sia Chiara – quella che “non poteva farcela” e ha prevalso in extremis – ad avere le idee così pronte e chiare mentre la sua collega romana, sicura vincitrice già dall’inizio dell’anno, è arrivata all’appuntamento con la storia senza uno straccio di idea o delibera già pronta da giocarsi nei primi cento giorni. Anzi, alcune dichiarazioni del suo staff hanno spaventato per la genericità: la difesa dei camion-bar dell’assessore al Commercio Adriano Meloni, ad esempio, forse inconsapevole del fatto che metà degli elettori M5S considera la prepotenza degli ambulanti del cibo uno dei principali temi del degrado cittadino. Oppure, l’infelice battuta relativa al traffico dell’assessore all’ambiente Paola Muraro, che se l’è presa coi pedoni che attraversano col rosso. Entrambi poi hanno corretto, smentito, precisato, ma l’idea che hanno dato ai romani è quella di gente che galleggia in superficie, sorretta da un generico benpensantismo stile “signora mia”. E qualcuno comincia a dirsi che forse l’idea leninista delle cuoche al potere non funziona poi tanto.
Il Torino-Plan è stato messo a punto in tre giorni di seminario a porte chiuse e sarà discusso in aula il 29 luglio. E stupisce il fatto che sia Chiara – quella che “non poteva farcela” e ha prevalso in extremis – ad avere le idee così pronte e chiare mentre la sua collega romana, sicura vincitrice già dall’inizio dell’anno, è arrivata all’appuntamento con la storia senza uno straccio di idea
A difesa di Virginia Raggi c’è da dire che le esigenze di rappresentanza a Roma levano molto tempo. C’è da incontrare il Presidente, il Papa, ci sono gli anniversari, le corone d’alloro da deporre, e poi si è dovuto correre dai topi a Tor Bella Monaca, e sul Lungotevere dove hanno ammazzato un ragazzo americano. Anche le relazioni di partito, qui, sono un gran casino: la Appendino non ha dovuto affrontare lo scontro tra le star del Movimento, né ha staff tra i piedi che debbano controllare ogni virgola dei suoi documenti prima del “visto si stampi”. La catena gerarchica del Cinque Stelle nella Capitale è così lunga e ingarbugliata che nemmeno i numerosi incontri pubblici già fatti aiutano a capire in che direzione si muove l’amministrazione. La Raggi ha visto le donne dei centri anti-violenza, i comitati per la casa, rappresentanze dei dipendenti comunali, ma mai ne è uscita una visione specifica, una presa di posizione tagliata col coltello, tantoché se non fossero i Cinque Stelle ma la vecchia Dc si direbbe che ha prevalso l’ala forlaniana: molte parole per far capire poco.
Ma presto sarà agosto, e la città si svuoterà, e i romani adesso pensano solo al mare, e alla Raggi tutti concedono il beneficio dell’inesperienza e dei vasti progetti con cui si confronta, a cominciare dal piano di ristrutturazione del debito. La prima pagella può aspettare, anche se con la coda dell’occhio si guarda alla Appendino e si mugugna: questi sabaudi, sempre fortunati.