La Guardia di Finanza ha sequestrato immobili, conti correnti e quote societarie per 1,2 milioni di euro e contestato i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Un “Labirinto”, dunque, da qui il nome dell’operazione delle Fiamme Gialle, che gli investigatori sono stati in grado di percorrere dopo aver ricevuto svariate segnalazioni per operazioni sospette nei confronti di un commercialista romano anch’egli indagato.
Proprio il commercialista, Alberto Orsini, è per gli investigatori uno degli snodi dell’organizzazione. Tramite la sua figura sarebbero transitate le somme di denaro utili al faccendiere di origine calabrese ma operante a Roma, Raffaele Pizza. Da una parte il commercialista avrebbe “ammorbidito” eventuali controlli fiscali e agevolate le pratiche di rimborso delle imposte tramite due dipendenti dell’Agenzie delle Entrate di Roma che sono stati arrestati. Dall’altra Pizza, annotano gli investigatori, «costituiva lo snodo tra il mondo imprenditoriale e quello degli enti pubblici, svolgendo – concludono le Fiamme Gialle – un’incessante e prezzolata opera di ‘intermediazione’ nell’interesse personale e di imprenditori senza scrupoli interessati ad aggiudicarsi gare pubbliche».
Gare che hanno riguardato anche i call center Inps e Inail. Per gli inquirenti l’appalto principale sarebbe stato affidato in maniera regolare, ma nella distribuzione di subappalti e lavori il sistema messo in piedi dagli indagati avrebbe portato a termine false fatturazioni e frodi fiscali. Operazioni che avrebbero poi permesso di generare fondi neri utilizzati per tangenti, riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti.
Al centro delle indagini anche gli appalti per i call center di Inps e Inail. Le irregolarità nei subappalti avrebbero portato a false fatturazioni e frodi fiscali. Operazioni che avrebbero poi permesso di generare fondi neri utilizzati per tangenti, riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti.
Particolarmente interessante, e centrale per gli investigatori, è la figura di Raffaele Pizza, fratello dell’ex sottosegretario Giuseppe, definito come un «faccendiere». Di origine calabresi il suo quartier generale capitolino è uno studio accanto al Parlamento. Da lì secondo le indagini della procura di Roma, avrebbe ricevuto, occultato e poi smistato denaro di provenienza illecita aiutato dall’onorevole Antonio Marotta, attualmente tra le fila del Nuovo Centro Destra e indagato per traffico di influenze illecite e ricettazione.
È il versante calabrese che facilita i rapporti tra gli indagati. Giuseppe Pizza infatti una volta fuori dalla politica ne è sempre stato vicino. Tramite lui il fratello Raffaele, secondo gli inquirenti, sarebbe riuscito a favorire nomine a vertici di enti e società a lui vicine. I fratelli Pizza, tra cui oltre a Giuseppe e Raffaele figura anche Massimo, che ha fatto la sua comparsa negli scenari sfumati tra massoneria e servizi segreti indagati dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, portano logge e grembiulini vicino all’inchiesta romana.
Per gli investigatori si è in presenza di una «ramificata struttura imprenditoriale illecita che negli anni oggetto d’indagine hanno movimentato oltre dieci milioni di euro giustificati da fatture false a scolpo di evasione e per costituire riserve occulte da destinare a finalità illecite, attraverso una galassia di società cartiere»
Come riporta il Corriere della Calabria tra gli ospiti di Pizza, spunta infatti il nome dell’ex presidente del Libano, Amin Gemayel, scortato dal suo ufficioso “proconsole” in Italia, Vincenzo Speziali, come quello di Guglielmo Epifani, quello di Alessandro Forlani, il figlio dell’ex storico segretario Dc, ma anche quello di Emo Danesi, che della Balena Bianca era deputato prima di essere sospeso dal partito nei lontani anni ’80 perché massone e piduista. Ed è proprio lui a svelare che Raffaele (Pizza, ndr) – in certi ambienti meglio conosciuto come Lino – era spesso presente a casa del fratello. Lo racconta agli uomini della Dia, che per ordine del pm Giusepep Lombardo lo interrogano nell’ambito del procedimento Breakfast, che oggi vede sotto processo l’ex ministro Claudio Scajola, con l’accusa di aver aiutato l’ex parlamentare azzurro Amedeo Matacena, oggi latitante, a sottrarsi a una condanna definitiva per mafia e a occultare il suo immenso patrimonio.
Intanto l’inchiesta continua: nella mattinata di oggi sono state effettuate perquisizioni «finalizzate all’acquisizione di ulteriori elementi utili al prosieguo delle indagini che stanno interessando oltre cento obiettivi tra la Capitale, il Lazio, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Campania».