Inutile conformarsi e confondersi agli anti-americanismi del mondo. A LinkPop basta ricordare la frase di Georges Clemenceau, secondo cui “l’America è l’unica nazione della storia che sia passata direttamente dalla barbarie alla decadenza”. Lo diceva, per restare in un campo alto, anche Pippo Franco.
A dimostrazione della verità di questa frase, ecco, puntuale come ogni anno, il Nathan’s Hot Dog Eating Contest. È uno degli appuntamenti del 4 luglio, giorno in cui gli statunitensi celebrano l’indipendenza dagli inglesi (una Brexit interna): si fanno i fuochi d’artificio, tante danze, concerti e, immancabile, la sfida a chi mangia più hotdog nel minor tempo possibile.
È un classicone: nel 2015 il vincitore è stato Matthew Stonie, un ventiquattrenne che ha pensato bene di rovinarsi la vita e cercare la gloria mangiando 62 hotdog in dieci minuti. Non è però il record assoluto: meglio di lui ha fatto Joey Chestnut, di 32 anni nel 2013, che ne mangiò 69. Ingollando, in totale, 19.600 calorie (calcoli di Quartz). Più o meno è l’energia necessaria per dieci giorni. Sono 1.225 grammi di grasso (cioè più di un chilo) e 1.470 grammi di carboidrati (un chilo e mezzo). Infine, mezzo chilo di proteine. Una quantità folle.
I concorrenti sono 20 e comprendono il campione in carica, i campioni di tornei regionali (perché sì, anche mangiare tantissimo è diventato una forma di competizione) più due wildcards, cioè i non-campioni che però hanno accumulato un grande punteggio e, infine, un invitato speciale.
Le regole sono molto chiare: non si può mangiare prima del fischio d’inizio, gli hotdog vanno mangiati per intero, ma anche i bocconi lasciati a metà hanno valore. Quelli che, al momento del fischio finale sono ancora in bocca ai concorrenti, valgono se poi vengono mandati giù. Ed è sanzionato anche il messy eating. Insomma, ognuno deve mangiare con stile. A vedere questa pagliacciata arrivano anche 50mila persone (dal vivo). In più c’è il pubblico da casa. E di fronte a tutto ciò un dubbio resta: è barbarie o è decadenza?
Sono i valori dell’America, invece. È lo stile di vita che i marines vanno in giro per il mondo a difendere. In più, è tutto basato su una mezza truffa. Gli americani per circa 30 anni sono stati convinti che lo show fosse un’abitudine di inizio secolo, nata da una sfida tra cinque immigrati che volevano decidere chi fosse il più patriota. Avrebbe vinto un certo Jim Mullen. Bella storia, molto americana. E anche molto falsa.
Lo ha confessato lo stesso Mortimer Matz, uno degli organizzatori, nel 2010. Prima di allora, perfino il New York Times con tutta la sua squadra di fact-checkers e giornalisti all’anglosassone continuava a ripetere che fosse una tradizione nata nel 1916. Quest’anno sarebbe il centenario, allora, ma non lo è: tutto cominciò nel 1972, come azione pubblicitaria. Complimenti a tutti: ai vincitori, ai concorrenti e agli organizzatori. Soprattutto, agli americani. Barbari e decadenti.