Il mondo aveva bisogno di un nuovo Steve Jobs, il mondo l’ha appena trovato. Si chiama Emmanuel Faber, direttore generale di Danone: anche lui, come il fondatore di Apple, ha fatto un discorso che gli americani definirebbero “inspiring” di fronte a una platea di laureandi. Quelli dell’HEC di Parigi, cioè l’École des Hautes Études Commerciales. Un istituto importante gestito e finanziato dalla Camera di Commercio e dell’Industria di Parigi.
Anche lui, come il suo predecessore, ha raccontato una storia strappalacrime. E anche la sua era una vicenda personale. Non la narrazione dei licenziamenti e delle riconquiste della sua società, non i viaggi in Italia alla scoperta della bellezza, bensì la vicenda, ben più forte, di suo fratello malato di schizofrenia. Non fu mai in grado di terminare gli studi (a differenza del suo uditorio), visse a lungo a Parigi, dove non riusciva a dormire e, suonando la chitarra al mattino, era diventato amico di tutta la popolazione dell’alba: gli spazzini, le anziane.
Poi, un giorno, decise di tornare nel paesino d’infanzia – che è lo stesso di Emmanuel Faber – dove condusse una vita simile. Si svegliava presto, andava al ruscello e poi, ogni giorno, telefonava al fratello (Faber, appunto), facendogli sentire il rumore dell’acqua che scorreva. “Ogni giorno c’era questa piccola voce che mi ricordava, ogni giorno, da dove venivo”. Dopo qualche anno, il fratello morì.
Il video, in pochi giorni, ha raggiunto un picco di visite su Youtube. Un successo enorme. Come per Jobs, anche qui ci sono follia e fame (declinate in modo diverso) e, come per Jobs, anche qui viene raccontata la filosofia del capo dell’azienda Danone: “Ormai, dopo tutti questi decenni di crescita, la scommessa dell’economia e della globalizzazione è la giustizia sociale. Senza giustizia sociale, non ci sarebbe nessuna economia”.
E ancora: “Questa mano invisibile di cui vi hanno parlato, non esiste”. Si riferisce alla mano invisibile di Smith, vero e proprio mantra di ogni insegnamento economico moderno. “O forse sì, ma è più ammalata di quanto non lo fosse mio fratello. Si è rotta: non ci sono che le vostre mani, le mie mani, le mani di tutti per cambiare le cose e renderle migliori”.
L’economia vera, insomma, sono i lavoratori. Una osservazione importante da fare per aspiranti manager, direttori generali e ceo. Anche perché il giovane dg, noto per il suo stile di vita ascetico e i suoi successi nello sport, nella vita, di lavoratori, ne ha conosciuti tanti. E, come si dice qui, ne ha anche mandati a casa parecchi: nel 2001, ad esempio, ha chiuso due fabbriche LU, quando ancora c’era “la crescita”, insieme ad altri stabilimenti nel mondo (totale lavoratori: 1.780, che fanno un totale “mani per il cambiamento” di 3.560). In quell’occasione hanno coniato, proprio per lui, un’espressione: “licenciement boursier”: tagli di borsa, fatti quando l’azienda è in buona salute e con il solo scopo di conformarsi alla visione del mercato, a breve termine, strappando molti benefici in più per l’azionariato.
Anche nel 2013, pur avendo un avanzo di 1,8 miliardi di euro registrato sull’anno precedente, la Danone ha tagliato 900 posti di lavoro. Aumentando, ancora, la percentuale di dividendi per gli azionisti. Come dice lo stesso Faber, ora occorre affrontare “il potere, i soldi e la gloria”. Giusto: anche perché nel 2015 ha ricevuto, come stipendio, solo 4,86 milioni di euro. Ritoccando del 30% sul salario dell’anno precedente. Mani invisibili? Non tanto.