Il cuore nero di Paride Trotti. Questo pezzo potrebbe intitolarsi in questo modo. il cuore nero di Paride Trotti. Chi è Paride Trotti? Nessuno. Il personaggio di un libro poco importante.
Un nome inventato che ricordi i tipici cognomi marchigiani, e che faccia il verso a Paris Trout, agghiacciante protagonista del romanzo di Pete Dexter, Il cuore nero di Paris Trout. In quel romanzo il protagonista, normalissimo commerciante della tranquilla cittadina di Cotton Point, cittadina dove bianchi e neri convivono serenamente, per difendere quelli nella sua testa sono i suoi diritti va a casa di un suo concittadino afroamericano e, non trovandolo, uccide a freddo una ragazzina di nome Rosie, neanche parente del ragazzo che stava cercando. Da quel momento Cotton Point dovrà fare i conti con questa violenza, indagando sul proprio cuore nero, il cuore nero di Paris Trout, di Cotton Point, di tutta l’America.
La moglie di Emmanuel ha dato l’assenso all’espianto e la donazione degli organi di suo marito, e questi, con ogni probabilità salveranno nostri connazionali
Oggi a scoprire il proprio cuore nero è la mia terra, le Marche. Ieri, a Fermo, Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, è stato picchiato a morte in strada, reo di aver difeso l’onore di sua moglie, Chinyery, definita “scimmia” da colui che le cronache definiscono un ultras. La coppia era scappata dal massacro di Boko Haram, in Nigeria, in cui avevano trovato la morte i loro genitori e una figlia. La fuga, avvenuta attraverso il deserto, e poi per mare, li aveva portati fino alle Marche, un posto tranquillo, in cui si vive bene.
Non come immigrati economici, ma come rifugiati, accolti in seminario da Don Vinicio, personaggio che da sempre si prodiga per l’accoglienza e l’inclusione. La moglie, distrutta, ha dato l’assenso all’espianto e la donazione degli organi di suo marito, e questi, con ogni probabilità salveranno nostri connazionali, miei conterranei.
Mi fermo. Il cuore nero di Paride Trotti, si diceva. Come dietro l’apparente tranquillità della provincia si annidi il male, l’intollerenza, una ottusa visione della convivenza.Me ne sono andato dalle Marche circa venti anni fa. Dalle Marche e per la precisione da Ancona. All’epoca non c’erano migranti, o se c’erano erano talmente pochi da essere statisticamente irrilevanti. Quando capitava di raccontare ai miei concittadini rimasti in zona che vivevo in un quartiere chiamato la Casbah, dalle parti di corso Buenos Aires, cantando il bello di vivere in un luogo dove si poteva respirare aria cosmopolita, dove si stava di fatto sperimentando l’integrazione, tutti erano concordi nel definirsi assolutamente inclini al l’accoglienza, tutti fortemente antirazzisti come una regione così rossa e così anarchica non poteva che essere.
Col tempo le Marche e Ancona sono cambiate. Prima sono cominciati a arrivare migranti che si sono fermati, cambiando la conformazione urbanistica della città, appropriandosi, scusate il termine, di interi quartieri, poi è arrivata anche la botta della crisi economica, che ha preso la terra degli “scarpari” e trasformandola in una landa sempre più deserta, con tutte le piccole fabbriche familiari, dove i primi migranti avevano trovato posto come lavoratori, che chiudevano, trasferendosi all’estero o semplicemente fallendo. Quello che era un posto beato, si è trasformato in un deserto, la gente, che da lontano cantava la bellezza dell’accoglienza, da vicino si è dimostrata meno aperta.Prima sono cominciati a arrivare migranti che si sono fermati, poi è arrivata anche la botta della crisi economica. Quello che era un posto beato si è trasformato in un deserto
Così, se negli anni novanta questa terra era diventata rifugio per chi scappava dalla terra dei Balcani, adesso si è trasformata in un posto che ripropone, in scala ridotta, la matrice italiana. Qui si stava bene, sono arrivati altri e ora si sta peggio. La vecchia logica di chi pensa che sia affondando chi gli è vicino in mezzo al mare l’unico modo per restare a galla. La logica di chi pensa che chi è sotto sia responsabile del proprio malessere, come se la pioggia non cadesse mai dall’alto.
Ma Paride Trotti, personaggio di fantasia, non è un avatar, ma una persona normale. Che conduce una vita normale. È la coppia di coniugi di Citivanova che decide di suicidarsi perché strozzata dai debiti, la Fiat Panda ferma con un blocco amministrativo sotto casa. È la folla che, ai funerali della coppia, identifica nella Boldrini, unico personaggio di rilievo della zona, il male assoluto, lei che si è sempre prodigata per gli ultimi, dimenticandosi, questa la teoria, dei penultimi.
Paride Trotti sono i due ragazzotti di San Benedetto del Tronto che, colpiti dai fatti di Dacca, ferma due cingalesi sul lungomare della città delle palme, e dopo aver chiesto loro di recitare a memoria versi del Vangelo che evidentemente non sanno, li picchia selvaggiamente.
Paride Trotti sono i miei tanti concittadini che hanno abbandonato le zone della stazione perché sono piene di stranieri, determinando un crollo del mercato immobiliare, con conseguente arrivo di nuovi stranieri, ecco come nasce un ghetto.Il razzismo ha radici più profonde dell’ideologia politica, nell’ignoranza, nel credere che sia nel colpire chi è più debole che si possa trovare la soluzione ai nostri reali problemi, nel pensare che la diversità sia un problema, e non un valore. A Fermo, ripeto, un posto relativamente tranquillo, volendo anche ricco, da tempo questo malessere serpeggia neanche troppo sotto traccia
Paride Trotti è ovviamente anche la tanta gente perbene che fatica a vedersi associata a chi uccide qualcuno per il colore della sua pelle.
In questi casi è sempre bene lasciare le ideologie politiche fuori dalla porta. Anche se è noto che gli ultras della fermana, nelle cui fila si muove l’aggressore di Emmanuel, siano fortemente orientate a destra. È bene perché il razzismo ha radici più profonde dell’ideologia politica, nell’ignoranza, nel credere che sia nel colpire chi è più debole che si possa trovare la soluzione ai nostri reali problemi, nel pensare che la diversità sia un problema, e non un valore. A Fermo, ripeto, un posto relativamente tranquillo, volendo anche ricco, da tempo questo malessere serpeggia neanche troppo sotto traccia.
Due somali sono stati aggrediti, tempo fa, ben quattro bombe sono state lasciate davanti ai portoni di quattro chiese. Ciò non ha portato la politica a interrogarsi. E probabilmente neanche la popolazione. Quando si vive il disagio di una crisi si tende a guardare ai propri problemi, elevandoli a universali, più che a cercare di arginare quelli che potrebbero essere veri e propri virus mortali.
Oggi è il giorno del dolore. Delle prese di distanza. Dei post di Saverio Tommasi e di Massimo Gramellini. Tutti oggi guardano, giustamente a Emmanuel, morto per la cattiveria umana, e a sua moglie Chinyery, che quella cattiveria ha resa prima orfana e poi vedova. Forse sarebbe il caso di guardare a Paride Trotti e al suo cuore nero. Di parlarci, di cercare di capire, e soprattutto di cercare di capire se, in fondo, quel cuore nero non sia anche il nostro.