Come tutti sanno, un bel gioco dura poco. Lo stesso vale anche per i Giochi Olimpici: durano un mese, più o meno. Coinvolgono decine di Paesi da tutto il mondo, sollevano emozioni, rilanciano questioni aperte (i rifugiati, il corpo femminile, le unioni civili, il Kosovo) e scaldano gli animi della città che li ospita. Se li si fa è perché sono divertenti, in fondo.
I problemi cominciano quando, come ogni bel gioco, anche le Olimpiadi finiscono. Medaglie e gloria a parte, cosa resta? Una grande quantità di strutture che, nella maggior parte dei casi, cadono in disuso, finiscono preda delle erbacce, si trasformano in santuari abbandonati e semi-diroccati. È successo ad Atene 2004, a Pechino 2008, e in diversi altri casi. Come spiega l’economista Andrew Zimbalist, l’unico esempio di gestione virtuosa degli “elefanti bianchi”, cioè gli enormi edifici costruiti per i grandi eventi, è Barcellona 1992. Tutti gli altri hanno registrato perdite ed edifici in abbandono. Come andrà a Rio?
Queste immagini mostrano lo stato, dieci anni dopo, degli edifici costruiti per le Olimpiadi di Atene. Si vedono i cerchi dell’Elleniki Complex, le tribune del Falerii Complex, le piscine vuote dell’Aquatic Center.
Subito sotto, le immagini dei complessi sciistici di Sarajevo 1984.
Infine, le mascotte abbandonate di Pechino 2008.