Hanno votato Monti. Hanno votato Salvini. Hanno votato Marchini, la Meloni, la Raggi, avrebbero votato Di Maio o anche Renzi in caso di elezioni politiche anticipate, perché questi poveri elettori di area centrodestra da tre anni non sapevano proprio più cosa votare, dove sbattere la testa. Il partito loro, cioè Silvio Berlusconi, che resta riferimento ultimo a prescindere dalle sigle e dai simboli, gli ha proposto nel tempo una galleria di suggestioni disparate, dal moderato-liberal al cacciatore di rom, fino al titolare di un immaginario partito della Nazione al quale si strizzava l’occhio.
Insomma, un minestrone di sollecitazioni, con i voti che andavano qua e là seguendo il vento e le rabbie del momento. E c’è da capire che adesso Stefano Parisi appaia a tutti come l’uomo della Provvidenza: quello che può restituire una faccia e una linea di pensiero a un mondo senza bussola, consentendo a qualche milione di elettori di mettere una croce sulla scheda elettorale senza vergognarsi, senza pentirsi cinque minuti dopo, senza affidarsi alla logica del meno peggio o del tanto vale.
è chiaro qual è la sua missione: fare tabula rasa dei teatrino forzista, salvando il poco che c’è di buono e abbandonando il resto nelle retrovie. Rottamatore magari no, ma Pensionatore di sicuro
Parisi non ha preso nessuna tessera. Ha rifiutato pennacchi di partito, che pure il Cavaliere gli aveva offerto. Gira in polo senza marca, smarcandosi anche nel look dal modello forzista in doppiopetto. In una diplomatica intervista a Libero ha rifiutato l’etichetta di rottamatore («Nella vita e in politica servono anche professionalità ed esperienza, giudichiamo le persone per le loro capacità non per la loro età»). Però, dopo l’estate, porterà ad Arcore un piano per ricostruire Forza Italia dalle fondamenta, cambio di nome compreso. Però, il 16 e il 17 settembre, squadernerà la sua Leopolda senza altri politici sul palco. Però, in vista dell’appuntamento, ha messo su una newsletter cui ci si iscrive dando nome, cognome e codice postale, senza nessuno spazio per indicare ruolo, professione, incarichi, medagliette di partito, con un evidente sottotesto: «Nessuna rendita di posizione». Insomma, è chiaro qual è la sua missione: fare tabula rasa dei teatrino forzista, salvando il poco che c’è di buono e abbandonando il resto nelle retrovie. Rottamatore magari no, ma Pensionatore di sicuro.
Ovvio che la vecchia classe dirigente strilli e non si senta al sicuro e che, al contrario, l’elettorato sia molto incuriosito. «Ci vuole uno come lei, nuovo ed educato», scrivono gli ammiratori sul web, e in molti messaggi c’è l’accoratezza un po’ disperata di chi ne ha viste troppe per fidarsi fino in fondo e però, ecco, magari questa è la volta buona, questo ce la fa.
Lui, l’uomo della Provvidenza, risponde poco, è parco di punti esclamativi e di retorica, e anche in questo sembra molto diverso dai tanti conigli tirati fuori dal cilindro di Silvio Berlusconi che promettevano la luna. Sa di arrivare al momento giusto. La stella di Salvini è in netto declino. E persino i voti di protesta finiti al M5S sembrano all’improvviso contendibili, visti i deludenti esordi della sindaca di Roma. Poi ci sarà il referendum con le sue opportunità anche televisive, e c’è da scommettere che Parisi lo sfrutterà fino in fondo per archiviare col suo allure ironico e competente le performance litigiose e strepitanti dei Brunetta e delle Santanché.
E dopo ancora, mentre l’establishment forzista sarà impelagato in una probabile crisi di governo, nelle lagne del dibattito sulla riforma elettorale, nel le discussioni in politichese sui capilista e i premi di maggioranza, lui – che non è nemmeno in Parlamento – potrà permettersi di restare “nuovo ed educato” fino al momento fatale in cui dovrà fare il lavoro suo: sfoderare il nuovo simbolo, pensionare il pensionabile e chiedere voti dicendo «Ecco, è cambiato tutto».
Non c’è alcun gruppo dirigente in Parlamento che possa vantare un’anzianità anagrafico-politica come quella di Forza Italia
A nessuno sfugge che il Pensionatore ha la strada spianata dalla vetustà dei suoi avversari. Non c’è alcun gruppo dirigente in Parlamento che possa vantare un’anzianità anagrafico-politica come quella di Forza Italia. Solo per citare i principali avversari di Parisi: Renato Brunetta è parlamentare dal ’99, prima in Europa e poi a Montecitorio, ma sta “su piazza” dagli anni ’80 come consigliere economico di Amato, Craxi e Ciampi. Paolo Romani festeggiò la prima elezione nel 1994, e da allora non ha mai saltato un giro. Daniela Santanché ha storia più breve: fu deputata “solo” nel 2001, quindici anni fa, che sono comunque tanti. Altero Matteoli è nel palazzo addirittura dall’83, un record, anche se a Montecitorio c’è persino uno – Francesco Colucci – la cui prima elezione risale al ’72.
Dunque è il calendario, più che Parisi, a congiurare contro la vecchia guardia, che potrà mettersi di traverso fino a un certo punto: sono anni che supplica Berlusconi di uscire dal letargo e di decidere. Ora che Silvio ha scelto non potrà che adeguarsi e tirare a campare (che come diceva Andreotti è sempre meglio che tirare le cuoia).