TaccolaLa nuova era delle rinnovabili è iniziata: crollano i prezzi delle batterie per l’accumulo

In sei anni il prezzo dei sistemi di accumulo delle batterie è già sceso di un terzo. Entro il 2020 si dimezzerà ancora, predicono diverse stime, da McKinsey a S&P, mentre il giro d’affari salirà in poco più di 20 anni a 250 miliardi di dollari. E il mercato dell’energia cambierà per sempre

Il nuovo sport dell’estate 2016 è quello delle previsioni sul futuro dei sistemi di accumulo di energia, o energy storage. Se non ne avete mai sentito parlare, sono dei sistemi di batterie che permettono di fare quello che fino a ieri era considerato roba da prototipi costosissimi: immagazzinare l’energia prodotta da fonti rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico. E, quindi, superare il grande limite storico di queste fonti di energia: l’intermittenza, ossia l’impossibilità di sfruttare questi impianti durante la notte. La tecnologia non è nuova, ed è nota al grande pubblico mondiale da quando, il 30 aprile del 2015 (il giorno prima dell’inaugurazione di Expo Milano) il fondatore di Tesla, Elon Musk, presentò al mondo le proprie batterie powerwall e powerpack. La promessa non era di nutrire il pianeta, ma di fornire energia ovunque, come i villaggi remoti africani non raggiungibili dalle reti convenzionali. Quello che sta scaldando gli animi nelle ultime settimane sono le previsioni sull’abbattimento dei prezzi di queste attrezzature. Ultimo della lista è uno studio a livello globale condotto dalla società di consulenza McKinsey e guidato dal partner italiano Paolo D’Aprile. Secondo lo studio entro il 2020, quindi tra soli quattro anni, i prezzi per kilowattora si dimezzeranno, o quasi: da 350 a 200 dollari. Entro il 2025 si arriverà a 160 dollari. Non male, se si pensa che ancora nel 2010 il prezzo era di mille dollari per kilowattora.

McKinsey mette in chiaro che non si parla di scenari marginali: «Lo sviluppo su larga scala dei sistemi di accumulo di energia potrebbe capovolgere il “business as usual” per molti mercati dell’energia». Arrivano anche le cifre sullo sviluppo: nei soli Stati Uniti la società di consulenza immagina un giro d’affari di 2,5 miliardi di dollari entro il 2020, sei volte quello del 2015. Nel 2015 negli Usa la capacità installata è stata di 221 megawatt, il triplo che nel 2014. A livello globale, secondo Ihs Markit, nel 2016 la capacità raddoppierà. Un’altra previsione, contenuta in un report di Bloomberg New Energy Finance (citato da Qualenergia.it), conferma il boom, su scala mondiale. La capacità di accumulo “dietro al contatore” da qui al 2040 passerà dai circa 400 MWh attuali a 760 GWh, cioè aumenterà di 1.900 volte rispetto a oggi. Questo anche grazie alla diffusione dei veicoli elettrici, Tesla in testa, che porterà a un calo dei costi delle batterie al litio. Il mercato dell’energy storage stazionario tra 25 anni arriverà ad un giro d’affari di 250 miliardi di dollari l’anno.

Secondo uno studio di McKinsey entro il 2020 i prezzi per kilowattora si dimezzeranno, o quasi: da 350 a 200 dollari. Entro il 2025 si arriverà a 160 dollari. Non male, se si pensa che ancora nel 2010 il prezzo era di mille dollari per kilowattora

C’è però un altro aspetto, probabilmente il più interessante: già oggi investire in sistemi di accumulo conviene. Non in tutti i Paesi e non con le stesse tecnologie (generalmente vincono le batterie al litio, ma non per i grandi impianti eolici), ma avere un vantaggio economico è già possibile.

Che lo “hype” stia aumentando lo testimoniano tre grandi acquisizioni che sono state effettuate negli ultimi mesi. La francese Total ha comprato il produttore di batterie Saft Groupe per 1,1 miliardi di dollari. L’altra francese Engie (l’ex Gdf Suez) ha comprato la ben più piccola Green Charge Networks, per circa 56 milioni di dollari. La coreana Doosan ha inglobato l’innovativa 1Energy System di Seattle. Altre acquisizioni minori hanno coinvolto società dalla Germania (German PV ha comprato E-Wolf) all’Africa (la sudafricana Metair ha comprato la Kenyan Associated Battery Manufacturer East Africa). Si sono mossi anche i fondi, come GE Ventures, su Sonnen, uno dei produttori mondiali di batterie più noti, assieme a Tesla.

Il Dipartimento per l’energia statunitense sta finanziando 75 progetti sull’energy storage, tra cui alcuni messi in pista ad Harvard, al Mit di Boston, a Stanford. Molti di questi progetti si trovano online sul sulo dell’Arpa-E (Advanced research projects agency-energy). E spostando lo sguardo in Germania, uno dei Paesi che più sta crescendo al mondo in questa tecnologia, grazie a incentivi erogati dall’equivalente della Cassa depositi e prestiti (la KfW), entro il 2021 le stime sono di un mercato da 1,03 miliardi di euro, 11 volte quello del 2015. Nella stessa Italia Enel Green Power si è mossa, in particolare con due impianti sperimentali. Prima con un impianto di storage integrato nell’impianto solare di Catania. Poi con un nuovo sistema di accumulo collegato all’impianto eolico di Potenza Pietragalla. L’Italia vede anche altri soggetti, come la Rse spa, Ricerca sul Sistema Energetico, un enete sotto il pieno controllo del Gestore dei Servizi elettrici. Mentre tra i produttori di batterie figura la Fiamm.

Che lo “hype” stia aumentando lo testimoniano tre grandi acquisizioni di aziende del settore, effettuate negli ultimi mesi. Il Dipartimento per l’energia statunitense sta finanziando 75 progetti sull’energy storage. In Europa la Germania è all’avanguardia, ma anche l’Italia si muove, con incentivi e con i progetti di Enel Green Power

Sono entusiasmi da prendere seriamente o di cui avere una sana diffidenza? «I sistemi di accumulo elettrochimico (le batterie, ndr) sono la chiave di volta delle rinnovabili», risponde a Linkiesta Leonardo Berlen, direttore responsabile e amministratore unico di Qualenergia.it, una testata specialistica abituata a ragionare con un approccio molto pragmatico e di mercato. «I detrattori delle rinnovabili hanno sempre avuto gioco facile nel far notare il loro grande limite, l’intermittenza. Noi ci siamo convinti che i sistemi di accumulo diventeranno l’elemento chiave per lo sviluppo di tutto il settore». L‘evoluzione sul fronte dei costi non è chiara. Per il fotovoltaico si è avverata una previsione che era stata fatta anni fa, cioè che a ogni raddoppio della capacità installata a livello mondiale, i prezzi sarebbero scesi del 20 per cento. In effetti, come ha mostrato tra gli altri uno studio di Bloomberg New Energy Finance, la dinamica di discesa dei prezzi è stata impressionante e continua, realizzata soprattutto grazie a costanti innovazioni incrementali. Tecnologie diverse, come il grafene, promettono balzi maggiori. E per le batterie? Come dicevamo, gli studi si stanno sprecando. Per Goldman Sachs il prezzo delle batterie nei prossimi cinque anni scenderà di oltre il 60%, mentre per altri analisti (come DoE o la stessa McKinsey) le batterie al litio costeranno quasi la metà al 2020 rispetto ad oggi.

«Ci siamo convinti che i sistemi di accumulo diventeranno l’elemento chiave per lo sviluppo di tutto il settore delle rinnovabili»


Leonardo Berlen, direttore responsabile di Qualenergia.it

Possiamo quindi correre a installare sul tetto di casa un impianto fotovoltaico e a inserire il sistema di accumulo? Berlen invita a «valutare ex ante con grande accortezza» l’investimento. Intanto, l’idea di staccarsi del tutto dalla rete elettrica può essere illusoria. Specialmente durante i mesi di gennaio e febbraio, si potrebbe non accumulare energia sufficiente, a meno di non installare troppi pannelli rispetto alle necessità dei mesi successivi. Poi c’è da capire se si possa intervenire, perché i regolamenti in Italia prevedono delle limitazioni. L’installazione dei sistemi di energy storage è esplicitamente vietata per quanti usufruiscono del generoso Primo conto energia per il fotovoltaico. Gli altri possono installare i sistemi, ma con alcune limitazioni: solo sistemi che non permettono di sfruttare al massimo il vantaggio economico (sono vietati i gruppi di continuità o UPS). Chi installa oggi un impianto e non può accedere a incentivi come il Conto energia (che pagava la produzione) ma solo le detrazioni del 50% del prezzo di acquisto in dieci anni, ha il massimo della convenienza. Anche perché le spese per gli stessi sistemi di accumulazione sono detraibili al 50 per cento. Non solo: in Lombardia un incentivo regionale, la cui assegnazione è durata un batter di ciglio, si sommava a quello nazionale. «Era fin troppo generoso, non è regalando o quasi gli impianti che si crea un mercato sano», dice Berlen. A conti fatti, installare queste batterie conviene? Qualenergia, assieme a Rse spa, ha effettuato una simulazione, partendo da un’ipotesi di impianto di accumulo da 5.800 euro, quello tipico per una casa con impianto fotovoltaico da 3 kW. Conviene, anche se tra un paio d’anni il vantaggio sarà molto più sostanzioso.

Un impianto di accumulo di energia per una casa standard costa 5.800 euro. C’è però una detrazione del 50% in dieci anni

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