Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me, diceva Immanuel Kant. Tutte belle parole con un difetto grave: il cielo stellato sopra di lui esprimeva (ed esprime ancora) il sessismo della sua epoca.
Andiamo con ordine: come scrive qui Leila A McNeill, il cielo è pieno di figure femminili. Sono i nomi dati alle stelle e alle costellazioni, ai pianeti e alle comete. In gran parte (come per le figure maschili, del resto) discendono dalla tradizione classica greca e latina. Sono nomi di divinità, di eroi ed eroine della mitologia.
So far so good: il problema è che la tradizione mitologica antica, sostiene la studiosa, è in sé misogina. La conseguenza è che anche i nomi degli astri lo saranno: le Pleiadi, per fare un esempio, sono un gruppo di stelle della costellazione del Toro. Secondo la tradizione, erano sette sorelle che danzavano, di notte, sotto il cielo. Orione le desiderava e allora, ogni volta che scendeva il buio, cercava di catturarle. Per salvarle, Zeus le trasformò in stelle, fisse nel cielo. Poco vicino rimane – per l’eternità – un’altra costellazione, guarda caso quella di Orione, che ogni notte cerca di catturarle.
Il discorso rischia di scivolare nel ridicolo, ma un punto vero c’è: riprendendo la tradizione antica se ne ripropongono gli schemi di pensiero. Per cui la sonda Juno, cioè Giunone, si chiama così perché, come nella mitologia, è stata mandata per spiare i tradimenti di Giove, il marito, con altre divinità – in particolare osservando attraverso le nebbie del pianeta, equiparate alle nuvole che, nella tradizione, il dio ricreava intorno a sé per non farsi riscoprire. Ma non solo: se si devono scegliere nomi nuovi, si parla di Galileo, di Keplero e di Copernico. Mai di scienziate o di donne in generale – a parte il caso della sonda Sojourner Truth, dedicata a Isabella Baumfree, ex schiava nera e attivista per i diritti delle donne. Ma il nome fu scelto attraverso un concorso, in cui ha vinto una ragazzina di 12 anni.