“Attenta a quelli che chiedi: potresti anche ottenerlo”, mi dice spesso un amico. Ed è una frase che si addice bene a ciò che mi è successo questa estate: ho smarrito il cellulare in vacanza.
Che c’entra la frase? Qualche giorno prima avevo pensato, in uno sprazzo improvviso, che avrei potuto provare a stare una settimana senza e usarlo solo per chiamate e messaggi. Lo pensavo, ma non sapevo che di lì a poco sarebbe successo.
Perdere il cellulare in vacanza può sembrare terribile: sei all’estero, hai bisogno di informazioni, di sentire quelli che non sono con te, comunicare cosa stai facendo (anche se riuscivo comunque a parlarci una volta al giorno).
Per me invece è stata una fortuna.
Non l’ho capito subito, ma quei sei giorni senza telefono sono stati un regalo. Ho imparato cose su di me, anche professionalmente parlando. Poi l’ho trovato, ma per conoscere quest’altro pezzetto di storia dovrete leggere fino alla fine.
#1
Fare sedimentare le cose. Una cosa succede, fa il suo corso e ha una fine, ha un iter che mentre lo stiamo vivendo non capiamo. Non parlo dei puntini di Steve Jobs, ma del fatto che dire una cosa mentre sta accadendo o subito dopo, non aiuta a vederla, a distanza, per quella che è. Ho pensato a scrivere questo post per un mese, ho sentito le parole scorrere nella mia mente, ma non l’ho fatto. A differenza di quanto faccio spesso – scrivo subito per trattenere o non farmi passare la voglia – ho deciso di “coltivarlo”. Una cosa che sedimenta resta, e al momento giusto viene fuori. Come un progetto, personale o professionale che sia.
#2
Guardare sempre cosa c’è intorno a me, incrociare gli sguardi, soffermarmi sui particolari. Da giornalista lo dovrei sapere eppure, presa dalle scadenze, me lo dimentico. Concentrarsi su un unico obiettivo così come concentrarsi solo sul cellulare vuol dire spesso perdersi ciò che c’è attorno. Così come un’azienda che resta concentrata su se stessa e spera così di battere la concorrenza o crede di conoscere i clienti solo dalle ricerche di mercato. E invece spesso le risposte arrivano semplicemente “sollevando la testa”.
#3
Fare attenzione a ciò che vedo e sento. Non vedere ma guardare, non sentire ma ascoltare senza interruzioni e imprimerlo nella mente. Specie su questo punto, affidarsi a un oggetto elettronico per catturare il momento senza prima averlo vissuto, fa sì che siamo pieni di foto, ma non ricordiamo i dettagli se non affidandoci a un’immagine. Senza telefono non potevo fotografare mentre stavo vivendo la cosa e così non mi restava altro che… viverla.
Non l’ho capito subito, ma quei sei giorni senza telefono sono stati un regalo. Ho imparato cose su di me, anche professionalmente parlando. Poi l’ho trovato, ma per conoscere quest’altro pezzetto di storia dovrete leggere fino alla fine.
#4
Decidere cosa vale la pena conservare. Smarrire il telefono per me voleva dire perdere foto, appunti e altro. Non conservo nulla, non sincronizzo, lascio che sia.
Ho tante foto inutili mandate dagli amici e invece bisogna scegliere cosa ci serve e dove conservarlo per poi ritrovarlo. Non è una questione di ordine, ma di scelte. E, vista l’esperienza, ho imparato che tornare a taccuino e carta ogni tanto può servire.
#5
L’importanza di annoiarsi. Si parla tanto di creatività, ma facciamo poco per farla venire fuori. Ci imponiamo degli orari in cui essere creativi, dimenticando che le intuizioni arrivano quando vogliono loro. E se ogni momento in cui non si lavora, non si va in palestra, non si vedono gli amici, non si lascia la mente libera di pensare, di annoiarsi, rischiamo di perderci tante idee valide. Senza cellulare ho riscoperto il piacere della noia e ho tanti progetti.
#6
Dedicarsi a una cosa, unica e sola. Lo sappiamo: il multitasking fa acqua. Eppure parliamo e scriviamo in chat, guardiamo un film e leggiamo articoli online. Ci facciamo sedurre dalle distrazioni perché fare qualcosa senza interruzioni è sempre più difficile. Sono una lettrice da sempre, ma senza lo smartphone mi sono dedicata a ogni parola di quel libro che ho letto per il tempo che avevo deciso. Così dovrebbe essere per progetti, amici, colleghi: dare loro il tempo che meritano, non centellinarlo.
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