Se post-verità è la parola dell’anno secondo quanto dice l’Oxford dictionary, allora è bene prepararsi al genere giusto per l’epoca presente: la distopia. Una società in cui tutto è indesiderabile, tutto è spiacevole, in cui appunto la verità non è vera (Orwell-style), la realtà è falsa, il mondo è del tutto imprevisto e imprevedibile. In netto contrasto con l’utopia, sembra la cifra dei nostri giorni (o almeno è quello che pensano gli americani).
Del resto, non sarebbe nemmeno una novità: la parola stessa è stata inventata nel XVIII secolo da John Stuart Mill, è riemersa nelle narrazioni fantascientifiche ed è diventata strumento principe per la contestazione del presente in particolare nella prima metà del Novecento. Ora, dopo Huxley e Orwell, ritorna: la si ritrova in Black Mirror, ad esempio, o nell’amore di Carrère per Philip K. Dick. C’è, si sente e si vede: torna in periodi di incertezza e dubbio. Sotto la maschera di un futuro fittizio, racconta l’oggi e mette in guardia. Chi sa cogliere, capisce.
Questo video, allora, può essere utile: spiega le origini della distopia, ne analizza le caratteristiche principali e ne illustra, se si può dire, un metodo. È distopico “prendere alcuni trend della società contemporanea e portarli all’estremo”. Per ogni epoca, i pensieri più preoccupanti: l’industrializzazione per Mill, l’eugenetica nella Macchina del Tempo di Wells, le condizioni delle fabbriche e la disparità di classe in Frtiz Lang, la tecnocrazia medica ne Il mondo nuovo di Huxley.
Solo con Orwell la distopia comincia a prendere forme più normali: “le migliori distopie”, si spiega nel filmato, “sono quelle meno immaginarie”. E allora le riflessioni sull’ascesa dei totalitarismi in Europa si accompagnano a previsioni più o meno preoccupate sul loro potere e, soprattutto, sulla facilità con cui da un sistema democratico si è passati, quasi senza accorgersene, alle dittature. Queste cose vanno conosciute e individuate subito, perché si teme che possano riaccadere. È sempre bene stare in guardia, allora, e imparare le distopie immaginate nel passato per evitare le fosche realtà del futuro.