Sarà senza dubbio meno complicato di quello italiano, ma anche il passato inglese ha le sue insidie. Una volta imparata quella manciata di verbi irregolari (ad esempio go, went, gone), la regola è facilissima: si aggiunge –ed alla radice del verbo, cioè alla sua forma del presente (meglio: dell’infinito). Da sail si avrà sail-ed, da seal si avrà seal-ed, da love deriva love-(e)d. Un meccanismo che vale sia per il passato remoto (simple past) che per il perfetto. Cosa può andare storto in un giochino così semplice? La pronuncia, ad esempio.
Se non la si conosce, il rischio è di incappare in errori che gli inglesi sanzionano – anche se comprendono il contenuto della frase – e di fronte ai quali provano orrore e raccapriccio. Nonostante -ed sia scritta sempre -ed, viene pronunciata in tre modi diversi: può essere –id, può essere -d o essere -t. Needed va pronunciato “nidid”, mentre lived si dice “livd”. E shopped diventa “shopt”. Quando li si distingue? Come capirlo?
Per fortuna non è difficile: tutto dipende dal suono con cui si chiude la radice, cioè l’infinito. Per cui, se finisce con -t o -d, come ad esempio need, hate, date (occhio, conta il suono e non la grafia), il suono sarà in -id.
Se invece finisce con un altra consonante, ma sonora, si pronuncerà -d. È il caso di live (il suono è “v”, che è consonante sonora), o chill (“l”, idem, è consonante sonora), o try (qui il suono è la semiconsonante -i, come è ovvio sonora).
Se infine la consonante è sorda, come capita in wish (suono “sc”) o in pick (suono “k”) o shop (appunto, “p”), allora la pronuncia sarà -t. “Shopt”, allora, e non *”shopd” o *”shoppid”.