Viva la FifaLa Coppa d’Africa è ormai un affare cinese

Si chiama "Stadium Diplomacy" ed è la strategia che da decenni Pechino usa in giro per il mondo per raccogliere fedeltà diplomatica in sfavore di Taiwan, ma anche per sfruttare risorse energetiche africane: le ultime edizioni del torneo calcistico si siano disputate in stadi finanziati dalla Cina

La chiamano Coppa d’Africa, ma se si gioca è grazie ai soldi cinesi. Il massimo torneo calcistico per nazioni africane, che si sta disputando in Gabon, rientra a pieno in quella che viene definita come Stadium Diplomacy. Funziona così, molto semplicemente: la Cina costruisce stadi in giro per il mondo in cambio di energia, così da soddisfare un Paese in rapida espansione economica e con una popolazione sopra il miliardo di abitanti. Ma anche in cambio di accordi economici vantaggiosi per il Dragone, o di fedeltà diplomatica in cambio del mancato appoggio a Taiwan, di cui la Cina non riconosce l’esistenza.

Quella di Pechino è una strategia consolidata da decenni. E coinvolge molti angoli del mondo. La nazionale di calcio del Costa Rica, per esempio, gioca le proprie partite nel National Stadium costruito dal 2009 al 2011 con i soldi cinesi ed il coinvolgimento della Anhui Foreign Economic Construction Group, società molto attiva nelle isole caraibiche, oltre che nell’industria mineraria in Zimbabwe. L’accordo è servito alla Cina per impostare un accordo economico di libero scambio con il Costa Rica, il cui Governo si è detto ben felice di ospitare tra le altre cose un investimento di 300 milioni di dollari da parte di Pechino per l’acquisto di bond statali costaricensi, oltre che vedere la realizzazione di un Istituto Confucio a San Josè, per la diffusione della cultura cinese in Costa Rica. I rappresentanti di San José, grazie a questo patto, non riconoscono Taiwan: lo stesso è accaduto per esempio a Grenada, dove la Cona si è affrettata a donare al Paese 40 milioni di dollari per la ricostruzione dello stadio nazionale, in tempo per la Coppa del Mondo di Cricket del 2007.

In questa strategia, l’Africa è un tassello importante. Una testa d’angolo, quasi. Le relazioni tra la Cina e il Continente Nero sono di lunga, lunghissima data. E affondano le proprie radici già negli anni Quaranta, nel Dopoguerra, quando il Partito Comunista vede nell’Africa un alleato importante nella propria visione politica anti-colonialista. Ma la storia riserva spesso sorprese e cambi di fronte, tanto è vero che oggi l’Africa è diventata di fatto una colonia cinese. Perché è dopo la morte di Mao che la Cina cambia strategia: non c’è più la visione ideologica comunista a guidare i piani di Pechino, che deve fare i conti con un’espansione economica sempre più galoppante. Nel 2000, il Forum per la cooperazione tra Cina e Africa stabilisce le linee guida per tutte quelle imprese che accedendo ai fondi statali cinesi, vogliono investire oltre confine. Anche se, è bene ricordarlo visi i casi di Costa Rica e delle isole caraibiche, la conditio sine qua non per cui i capitali cinesi arrivino in Africa, è che i Paesi coinvolti non riconoscano Taiwan.

Perché l’Africa è così importante? Per l’energia, prima di tutto: petrolio e gas la fanno da padroni. Materie prime di cui sono ricchi in particolare alcuni Paesi come l’Angola, che già nel primo semestre del 2008 aveva raggiunto la produzione di 2 milioni di barili al giorno, diventando il primo produttore del continente davanti a Libia e Nigeria. Oggi la produzione è scesa a 1,7 milioni di barili giornalieri, ma l’abbassamento del prezzo del petrolio e una lunga guerra civile durata quasi 30 anni hanno lasciato una notevole scia di problemi interni al Paese, che ora si ritrova con una capitale come Luanda che doveva essere la Nuova Dubai e dove invece oggi si muore di malaria con estrema facilità.

In tutto questo lasso di tempo, la Cina ha giocato la propria parte, lasciando in eredità all’Angola quattro stadi e una vera e propria città fantasma. E in questo contesto entra in scena il calcio. Nel 2010, la Coppa d’Africa si è giocata in Angola, nell’ambito del rilancio d’immagine del Paese. La Cina ne ha subito approfittato per inserirsi in questo processo, accelerando gli investimenti esteri, che sette anni fa stavano passando dai 75 milioni ai 5 miliardi di dollari, sempre con la stessa modalità: energia in cambio di strutture, tra cui edifici governativi e sanitari. E sportive, ovvio.

In Angola, la Cina ha piazzato quattro importanti opere, ovvero altrettanti stadi dove si dovrà giocare il torneo continentale del 2010: a Luanda, Cabinda, Benguela e Lubango importanti imprese come la Shanghai Urban Construction Group portano macchinari e manodopera cinese nella vecchia colonia portoghese: lavoratori sottopagati, chiusi nei cantieri fino al completamento delle opere.

In Angola, la Cina piazza quattro importanti opere, ovvero altrettanti stadi dove si dovrà giocare il torneo continentale: a Luanda, Cabinda, Benguela e Lubango importanti imprese come la Shanghai Urban Construction Group portano macchinari e manodopera cinese nella vecchia colonia portoghese: lavoratori sottopagati, chiusi nei cantieri fino al completamento delle opere. E la popolazione locale, con un tasso di disoccupazione spaventoso, lasciata fuori, senza lavoro. Hanno avuto tutto il tempo di vedere il Paese punteggiarsi di cantieri, compreso quello gigante di Nova Cidade de Kilamba, a circa 30 chilometri da Luanda. Una città appunto nuova, bella, pulita, con palazzi e tutto il resto. Ma vuota. Nemmeno un abitante. La China International Trust and Investment Corporation, di proprietà statale, l’ha costruita per 3 miliardi di dollari: secondo al Bbc, si tratta della prima pietra che porterà di fatto alla colonizzazione dell’Africa da parte della Cina, che qui investe in infrastrutture per poi utilizzarle portando qui parte della propria popolazione, che dovrà sfruttarne le risorse.

In Gabon non si ha notizia di piani simili, ma le relazioni con la Cina sono avviatissime, Tanto che anche qui, dove si sta giocando l’attuale edizione della Coppa d’Africa, si gioca in stadi sovvenzionati da capitali cinesi. L’esempio più importante resta quello dell’impianto di Angondj, un sobborgo della capitale Libreville. Nominato “Stadio dell’amicizia sino-gabonese”, è stato interamente finanziato dalla Cina per quasi 50 milioni di euro e costruito dallo Shanghai Construction Group (che si è occupato anche dello Stade d’Oyem) già per l’edizione 2012 del torneo continentale, che in quell’occasione venne organizzato in coabitazione con la Guinea Equatoriale. Non deve essere un caso che un altro stadio, quello di Port Gentil, sia stato costruito dai cinesi: qui nel 1967 è sorto l’unico impianto di raffinazione del petrolio di tutto il Paese, oggi oggetto di una importante riqualificazione che prevede l’aggiunta di più moderni macchinari per la raffinazione. Chi ha pianificato gli investimenti per tale riqualificazione, lo avrete certamente capito.

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