Altro che Post-Verità, bentrovati nell’era della Post-Politica dove è possibile che l’area di riferimento di Tabacci e Cirino Pomicino, di Altissimo e Zanone, promossa dall’ultraliberista belga Guy Verohfstadt con la benedizione (a suo tempo) di Romano Prodi, il partito-ultras delle discipline di bilancio europee, l’Alde insomma, apra le porte al Movimento di Beppe Grillo, fino a ieri associato al top degli euroscettici: l’Ukip di Farage e della Brexit.
Il referendum online con cui oggi il M5S deciderà se aderire all’Aleanza dei Democratici e Liberali d’Europa, divenendone elemento determinante con i suoi 17 eletti a Strasburgo (i liberal democratici inglesi, finora gruppo maggioritario, ne hanno 11) è un caso di scuola per la politica. E chiama in causa non tanto la coerenza dei partiti europei, ma la loro più elementare “riconoscibilità” secondo le categorie abituali per l’elettorato: immaginare i sostenitori di Grillo e dei liberali tedeschi o britannici nella stessa sala, allo stesso convegno, persino alla stessa festa, è impossibile e però i loro deputati in Europa potrebbero starsene nello stesso direttivo e condividere le stesse scelte oltreché uffici, rappresentanti nelle Commissioni, nomine e ruoli.
l’Alde, apra le porte al Movimento di Beppe Grillo, fino a ieri associato al top degli euroscettici: l’Ukip di Farage e della Brexit. Resta sorprendente che si proponga come elemento di riferimento del M5S dopo aver promosso, il 18 novembre scorso, un appello europeo contro i «demoni populisti»
Sulla carta, l’Alde è il gruppo che riunisce le forze etichettate come “liberali”. Il suo presidente Guy Verhofstadt ha annunciato la settimana scorsa la sua intenzione di candidarsi alla presidenza Ue sfidando l’uscente Schultz, il socialista Pittella e il popolare Tajani, ed è quindi logico che non vada tanto per il sottile nell’annettersi voti. Resta comunque sorprendente che si proponga come elemento di riferimento del M5S dopo aver promosso, il 18 novembre scorso, un appello europeo contro i «demoni populisti» insieme a Daniel Cohn Bendit, Sandro Gozi, Felipe Gonzalez, Roberto Saviano, nel quale denunciava il rischo «della fine del mondo costruito nel dopoguerra, basato sul multilateralismo e sulla leadership benevola degli Stati Uniti».
Elemento centrale dell’appello era l’allarme in vista «degli appuntamenti elettorali o degli importanti referendum che si terranno nei prossimi mesi in Austria, Italia, Paesi Bassi, Francia e Germania» dove «i partiti moderati sono minacciati». Tenere insieme quell’appello, così recente, alla cooptazione del M5S risulta davvero impossibile, salvo non rifugiarsi nella dietrologia e più precisamente nell’idea che chissà dove si sia deciso di cambiare strategia e arruolare i «demoni populisti» piuttosto che lasciarsene schiacciare.
La post-politica pare appunto questo, lo svuotamento non solo delle antiche etichette novecentesche ma anche dei contenuti recenti, delle linee di indirizzo appena stabilite, in nome della gestione di rapporti di forza e di obbiettivi personalistici che sfuggono alle opinioni pubbliche
La post-politica pare appunto questo, lo svuotamento non solo delle antiche etichette novecentesche ma anche dei contenuti recenti, delle linee di indirizzo appena stabilite, in nome della gestione di rapporti di forza e di obbiettivi personalistici che sfuggono alle opinioni pubbliche perché sono assai diversi da quelli dichiarati. Post-politica è il fervore catastrofista con cui le istituzioni inglesi dipingevano la Brexit prima del voto, ora smentito formalmente dalla Banca di Inghilterrra in un’analisi autocritica sull’andamento del Pil: più 2,2 per cento, un dato superiore a Germania e Stati Uniti. Post politica è l’allarmismo della politica europea alla vigilia dello stesso voto, con la previsione di sfracelli per l’economia continentale: tutti non pervenuti. Post-politica, nel nostro piccolo, sono i sette mesi ansiogeni della campagna referendaria, e le profezie di diluvio tutte puntualmente smentite perchè un nuovo governo è stato fatto, le cose procedono, il cielo non c’è cascato sulla testa.
Post-politica è, nella definizione classica di chi l’ha studiata e definita, una politica ridotta alla pura ricerca di consenso su scala globale, un parco dove – appunto – un gruppo di liberali per formazione e convinzione, che fino a ieri passeggiava con Cohn-Bendit e con Gozi, può prendere sottobraccio all’improvviso Beppe Grillo perché lo giudica conveniente. E una platea di supporter che non ci vede niente di strano, che da domani difenderà con le unghie e con i denti la nuova alleanza dicendo a chi avanza perplessità o anche sempilci riflessioni: “Chi ti paga?”.