Prima la Volkswagen, poi la Fca (ex Fiat + Chrysler). La maledizione del Diesel truccato non è ancora esaurita, le multe fioccano e i milioni da pagare lievitano. Non era proprio questo che si aspettava il povero Rudolf Diesel, l’ingegnere tedesco che, con la sua profonda conoscenza e le sue intuizioni, inventò il nuovo motore e gli diede il suo nome. Era un idealista, parlava (o almeno conosceva) l’esperanto, condivideva ideali socialisti e sosteneva spinte solidali con i lavoratori. Le truffe di oggi, checché ne dica Sergio Marchionne, non gli sarebbero piaciute granché.
Diesel nasce nel 1858 a Parigi da una famiglia tedesca, torna in Germania dopo la guerra franco-prussiana, studia a Monaco (dove si distingue per le sue abilità nel campo della fisica e della matematica), si diploma con voti altissimi, si qualifica studente dell’anno e diventa amico di Carl von Linde, il re della refrigerazione. Il suo ambito, lo si capisce subito, è la meccanica. Il suo pallino, si intuirà più tardi, sono le macchine termiche e, soprattutto, le macchine a vapore. Il suo obiettivo è superare il modello dominante dell’epoca, quello di Nikolaus Otto, pensando a un motore in cui fosse sufficiente l’alta temperatura generata dalla compressione dell’aria nella camera da scoppio per accendere il carburante. Per capirsi, era un passo in avanti notevole per il periodo, rappresentava un modello di efficienza impensato. Certo, non fu facile: l’impresa richiese molto tempo, molti tentativi e anche molte forme di alimentazione (benzina, poi petrolio e anche biocarburanti).
Diesel riuscì nel suo intento: creò il nuovo motore (all’inizio alimentato con olio di arachidi), fondò una fabbrica ad Augusta, la Dieselmotorenfabrik Augsburg, crea un ramo inglese, la Diesel Engine Company e presentò il tutto all’Expo di Parigi del 1900, quello in cui trionfò anche il cinema dei fratelli Lumière. Tutto cominciava a girare per il verso giusto: brevettò le sue invenzioni, fece un mare di quattrini e si assicurò contratti con compagnie navali per installare motori Diesel su navi e flotte. Nonostante tutto ciò, Diesel era un ingegnere, un inventore e non un imprenditore, per cui nel giro di pochi anni riuscì a fallire. Era il 1911, due anni prima della morte.
La fine di Diesel è un mistero. Il 30 settembre 1913, attraversando la Manica per dirigersi a Londra, scomparve, qualcosa di simile a ciò che accadde, qualche anno dopo, a Ettore Majorana. La differenza è che il corpo di Diesel venne ritrovato, circa venti giorni dopo, da alcuni marinai. Secondo l’uso dell’epoca, vennero conservati solo gli effetti personali. Il corpo venne rigettato in mare.
Cosa era successo? L’ipotesi prevalente è quella del suicidio. Il diario di Diesel presenta, per quel giorno, una croce: questo implicherebbe che il gesto di Diesel sarebbe stato premeditato (e dovuto, forse, alle cattive situazioni economiche delle sue aziende, e al peso dei debiti contratti con alcune banche inglesi). Secondo altri, però, ci sarebbe sotto un complotto, e riguarderebbe la marina del Kaiser, preoccupata dall’idea che Diesel andasse a Londra per mettere a disposizione della Royal Navy le sue invenzioni. Meglio farlo fuori, per preservare la solidità dell’impero. Che poi sia crollato qualche anno dopo, cambia poco.