Milano ha sconfitto Roma, ma le nuove sfide fanno paura

Un confronto tra le due città ormai è quasi improponibile. La capitale morale pensa in grande e si misura con i grandi centri europei e mondiali: prende da New York, si accorda con Amsterdam, guarda alla Germania. Ma il nuovo campionato è molto più difficile

No, non c’è più partita. Il confronto tra Roma e Milano, in queste ultimi mesi, riesce a dare solo un unico risultato: la sconfitta della Capitale. I mezzi pubblici? Nemmeno paragonabili. La qualità dell’amministrazione? Basti dire che Virginia Raggi è il sindaco meno amato d’Italia, seguito solo da Maria Rita Rossa, primo cittadino di Alessandria. Beppe Sala, che pure non è amatissimo, conquista un 30esimo posto e guadagna posizioni rispetto all’epoca dell’elezione. Il lavoro? Ogni giorno che passa è una nuova sofferenza.

A Roma avanza il deserto: a fine dicembre Almaviva contact chiude la sua sede capitolina, lasciando a casa 1.666 dipendenti. A inizio gennaio tocca a Sky, il principale gruppo televisivo italiano, che decide di spostare il grosso dei tg e di altre attività a Milano, al prezzo di 120 esuberi e 300 trasferimenti. Ma come: a Roma c’è la politica. E per questo Sky lascia (almeno) un presidio. Per il resto, si va via.

La ragione principale è la razionalizzazione dei costi, senza dubbio. Ma anche la presa di coscienza che «la Capitale non è più un luogo di attenzione», come dice con una certa durezza in una nota Paolo Terrinoni, Segretario Generale CISL Roma Capitale Rieti. Con cui presenta un compendio dei mali della città «che è difficile da governare, stretta tra una burocrazia lenta e una macchina amministrativa complessa, e che sembra non attirare più lavoro e investimenti». Nel coro dei lamenti si inserisce anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che ricorda come Roma stia perdendo «la propria vitalità e la propria capacità attrattiva. È una crisi di sistema molto grave». L’accusa è rivolta alla Raggi, ma la diagnosi non appare sbagliata. Tanto che Sala chiede alla Rai di fare più o meno la stessa cosa, cioè aumentare le attività a Milano, perché il centro del Paese, magari non geografico, si sta spostando lì.

E allora per questo lunghissimo racconto di due città, Milano e Roma, sembra che sia vicina la fine. Esaurito il dibattito sulla capitale reale e sulla capitale morale (che, attenzione, vale come “vincitore morale”, non come “capitale di moralità”, come in molti, sbagliando, credono), dissipata la nebbia delle battute irridenti, e scemata l’autorità delle autorità, appare sempre più chiaro che Roma non conti più. E, più notevole ancora, che Milano non abbia più nemmeno bisogno di prenderne atto: segue già altre traiettorie. Lo dimostra, per fare un esempio, il settore del turismo: nel 2016 sono arrivati 5 milioni e 600mila visitatori (superando il record dell’anno precedente, che era perfino quello di Expo). In percentuale, è un aumento del 2,07%, e riguarda soprattutto americani, tedeschi, francesi e cinesi.

Per fare un altro esempio, si può citare la ricerca del Cresme (Centro ricerche economiche sociali di mercato per l’edilizia e il territorio) commissionata da Assimpredil: Milano è l’unica città che attrae nuovi abitanti. Sono in arrivo 172mila nuovi milanesi, che fanno figli e che influiscono a livello demografico.

È un dato in controtendenza rispetto al Paese, anche nelle previsioni per il futuro: nel 2025, Milano sarà il punto di arrivo di giovani da tutte le parti d’Italia, sia dalle città vicine, che vedranno un impoverimento (e un invecchiamento) della popolazione, sia dal centro e dal Sud. I milanesi, invece, andranno all’estero: cercheranno lavoro e fortuna a Londra, in Germania, negli Usa. Volgeranno le spalle al Paese e alla sua Capitale. Un movimento che, in ogni caso, si vede in atto già oggi. Milano guarda verso quella direzione, aspira a quel campionato. E si attrezza di conseguenza.

Nella nuova fisionomia delle città, in cui gli agglomerati locali conteranno più delle realtà statali, il nuovo confronto si giocherà con New York, volendo esagerare. Oppure con Amburgo e il suo porto, con la regione del Baden-Württemberg, con Barcellona e la Catalogna. Non è un caso che, nelle politiche lavorative attuali si tenda a guardare al ceto medio, a pensare a formule produttive ispirate, guarda un po’, a progetti newyorchesi. Un esempio è il “reinsediamento manifatturiero” nelle aree urbane, un progetto che mira a unire la produzione ai suoi mercati di sbocco. A New York lo fanno con la stampa in 3D, con le lavorazioni artigiane ad alto livello, con il food. Milano segue l’esempio, ci prova (stringe anche un accordo, nel 2015, per incrementare i reciproci flussi turistici). Ci riuscirà?

Per ora ribattezza le aree meno cool con sigle inglesi. È così che l’area intorno a via Padova è diventata Nolo (North of Loreto), copiando SoHo (South of Houston Street), è così che è nato anche SoS (South of Sesto): un tentativo di rebrandizzare zone della città poco trendy. Basta parlarne, forse, perché succeda. O forse no. In ogni caso, lo spirito è quello.

Un altro aspetto di rilievo sono le startup innovative, su cui la città mostra di puntare molto. Partecipa a bandi internazionali, e lo fa interagendo con città come (per fare un altro esempio) Amsterdam, condividendo idee, networking, progetti. Si appoggia, come ammettono gli stessi amministratori, al tessuto già presente degli imprenditori locali, alle loro idee e alle loro reti. Si serve delle università della città, come il Politecnico, rilancia idee nuove (come l’agricoltura periurbana), investe.

Il nuovo campionato, se davvero si può definire tale, è molto più impegnativo di quello precedente. Secondo i dati di Assolombarda, a fine 2015 la Lombardia si dimostra molto indietro rispetto alle altre aree di confronto: il Baden-Württemberg mostra una crescita dell’8% rispetto al Pil pre-crisi, la Baviera addirittura del 12%. La Lombardia è un -4,9%: riduce le perdite ma resta ancora sotto. La produzione manifatturiera va un po’ meglio, in quanto la distanza dal picco pre-crisi si riduce del 7,8%, ma il Baden-Württemberg riesce addirittura a fare meglio, con un timido ma significativo +0,4%. Nella città il clima di fiducia è positivo, almeno per la manifattura, mentre per il terziario innovativo conosce ancora alti e bassi: a quota 24,7 alla fine del 2016, ma con vette nei mesi precedenti.

Insomma, Milano tentenna. La sfida con Roma non la attrae più, e allora segue quella con il resto del mondo. Qui però le metropolitane sono più veloci. Le aziende più innovative. Le aree di sviluppo più dinamiche. Ci sarà da correre, e molto, per scontare il ritardo. E senza nemmeno poter contare sulla storia, sui monumenti e sulla dolce vita.

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