Nel 1976 non c’erano leggi anti-sismiche abbastanza stringenti, gli anni erano di quelli aspri per la repubblica, fra stragismo e rapimento di Aldo Moro, e quindi, per il terremoto del Friuli, le inchieste nemmeno cominciarono. In Irpinia all’indignazione per come venivano gestiti i fondi della ricostruzione fecero seguito una raffica di assoluzioni nelle aule dei tribunali. Per l’Aquila 2009 la Commissione Grandi Rischi non aveva colpe, scrissero i magistrati. Gli emiliani colpiti da sisma nel 2012 aspettano ancora la prima udienza da quasi cinque anni.
È un Paese strano quello che ha dato i natali a Giuseppe Mercalli – inventore della scala che porta il suo nome – e che allo stesso tempo litiga a ogni piè sospinto su terremoti e ricostruzione. Un Paese strano anche perché quando la terra trema c’è una precisa liturgia da seguire: il disastro, le telecamere, la commozione, la solidarietà, le raccolte fondi, le polemiche sui soccorsi. E infine i processi, per quello che servono. Perché sarà pur vero che la natura non perdona e non dimentica ma i tribunali, a quanto pare, sì. Quarant’anni di terremoti e, quindi, quarant’anni di imputati nelle aule giudiziarie d’Italia. Ma quanti sono i politici, costruttori, progettisti, amministratori e che hanno pagato per i propri presunti errori? La risposta ve la diamo in anticipo: pochi, quasi nessuno.
In Italia abbiamo una liturgia anche per i terremoti: il disastro, la commozione, le polemiche. E infine i processi. Ma in quanti hanno dovuto rendere conto alla giustizia in quarant’anni? Quasi nessuno
Terremoto del Friuli, 1976, epicentro a Gemona e Artegna ma i comuni coinvolti sono più di 70. La magnitudo è 6.4, i morti 990 e i senzatetto 45mila. Non parte nessuna inchiesta per omicidio o disastro colposo perché le case nel nord-est non sono state costruite con la sabbia – si dice. E perché una vera e propria legislazione anti-sismica nemmeno esiste. Poi nel marzo ’78 Aldo Moro viene prima rapito in via Fani dalle Br e poi giustiziato dopo 52 giorni. Il Paese ha bisogno di unità nazionale, non di polemiche giudiziarie o politiche. È il momento della responsabilità e del silenzio e l’opposizione si adatta ai tempi.
Per il Friuli non c’erano leggi anti-sismiche sufficienti e le inchieste nemmeno iniziarono; la gestione vergognosa in Irpinia portò a 107 avvisi di garanzia. Tutti assolti o prescritti
Un silenzio che viene rotto due anni più tardi dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, quando la terra trema per ottanta secondi in Irpinia e Basilicata facendo 2.735 morti, quasi 10mila feriti e 280mila sfollati. Le parole della prima carica dello Stato sono dure: «Il miglior modo di onorare i morti è aiutare i vivi». Le pronuncia in aperta polemica con il Governo di Arnaldo Forlani che gli aveva addirittura sconsigliato di visitare le aree colpite dal sisma. I soccorsi non arrivano, gli aiuti tardano colpevolmente di giorni e la popolazione civile viene abbandonata a se stessa. Dalla Procura di Sant’Angelo dei Lombardi partono 107 avvisi di garanzia a costruttori, progettisti, committenti accusati di aver edificato in barba a qualunque norma. Un teatrino che non porta da nessuna parte: tutti assolti o prescritti qualche anno più tardi.
Stesso discorso per l’Aquila, 2009. Eccoli i numeri della tragedia abruzzese: 309 morti, mille feriti e in 65mila senza casa. Ma anche 50 indagati, 15 processi diversi, nove condanne. A novembre 2015 la Cassazione assolve i sei scienziati ed esperti della Commissione Grandi Rischi mentre paga per loro l’ex vice capo dipartimento della Protezione civile. Per l’Emilia – l’abbiamo detto – la partita giudiziaria è ancora tutta da giocare.
Uno dei pochi che ha pagato è Antonio Borrelli. Era sindaco di San Giuliano di Puglia quando crollò la scuola “Jovine” nel 2002. Sua figli morì lì sotto
Qualcuno che ha pagato in realtà esiste – almeno sulla carta perché molte pene sono state indultate. Antonio Borrelli era sindaco di San Giuliano di Puglia quando la mattina del 31 ottobre 2002 il Molise fu scosso da un terremoto di magnitudo 5.9. Venne giù la scuola “Francesco Jovine” facendo 30 vittime fra cui 27 bambini. Una di quelle bambine era sua figlia. La perdita di una figlia sembrerebbe già una condanna a vita sufficiente. Non così per i giudici di Salerno che in Appello gli hanno inflitto una pena detentiva da due anni e 11 mesi poi confermata dalla Cassazione senza l’interdizione dai pubblici uffici. Come a dire: la furia della natura è cieca e non guarda in faccia a nessuno. La giustizia pure.