Cristo si è fermato a Bordighera. L’inferno dietro al Festival di Sanremo

Sveglie presto, interviste con critici che vorresti uccidere, comparsate in radio o in tv, prove, alimentazione e cicli del sonno sballati. Ma qui con una settimana di lavoro si riesce a fare quel che generalmente riesci a fare in sei mesi di promozione

Sanremo, giorno 2.

Come giorno 2? Qui sembra di essere stati deportati, scusate il termine un po’ fortino, da una vita. Sicuramente non da soli due giorni.
In effetti sono almeno quattro, perché noi addetti ai lavori siamo qui da domenica, ma il fatto di stare svegli venti, ventuno, ventidue ore al giorno, forse, modifica anche la percezione del tempo, come avviene agli astronauti. Chissà se anche chi segue il Festival invecchia più lentamente, come gli uomini che vanno nello spazio. Stando a quanto mi dice lo specchio ora, che sto scrivendo, direi che semmai qui avviene il contrario. Le due borse dell’Ikea che ho sotto gli occhi mi dicono questo.

Comunque, seconda serata archiviata. Altri 11 Big si sono esibiti. Altri 3 sono andati nella zona rossa, quella a rischio eliminazione. Sono Bianca Atzei, Nesli e Alice Paba, per cui è noto facevo il tifo, e Raige e Giulia Luzi, e se vi state chiedendo chi siano non siete voi quelli strani. Ora con la macchina parcheggiata di fianco all’Ariston con le doppie frecce accese pronti a partire per casa sono sei artisti, o meglio otto, visto che due sono coppie. Ieri, per altro, sono partiti gli scontri anche per la categoria giovani che registra la clamorosa uscita di Marianne Mirage, unica rappresentate della corazzata Sugar, leggi alla voce Caterina Caselli, e di Braschi, e registra il passaggio di Leonardo Lamacchia e di Francesco Guasti, verdetto che vede passare i due che io avrei definestrato, ma tant’è. Il fatto che la Caselli sia uscita dalla porta subito e che non abbia neanche un Big in gara, lei che di solito ne piazza sempre uno almeno tra i primi cinque dimostra che davvero qualcosa sta cambiando, e che nuovi equilibri sono all’orizzonte.

Il fatto che la Caselli sia uscita dalla porta subito e che non abbia neanche un Big in gara, lei che di solito ne piazza sempre uno almeno tra i primi cinque dimostra che davvero qualcosa sta cambiando, e che nuovi equilibri sono all’orizzonte.

Sul fronte tv Maria s’è magnato Carlo, ma questo lo avete visto pure voi, non vi dico nulla di nuovo.

Voglio invece soffermarmi un attimo su quello che voi non vedete, perché non potete vedere. Uno dice, i cantanti vanno a Sanremo, chissà quanti soldi si beccano per lavorare tre minuti a serata, e manco tutte le sere. E magari lo stesso uno dice pure, e io pago il canone, e i terremotati stanno nelle tende e qualche altra ovvietà del genere.

Bene. Le cose stanno un po’ diversamente da così. Intendiamoci, nessuno sta in miniera con un canarino dentro la gabbietta per avvertirci della presenza del grisù, ma la vita sanremese è davvero roba per gente tosta.

Intervista, selfie, telefonino passato per fare intervista al volo con Tizio o Caio, poi di corsa a Uno Mattina, e poi a tale Radio e poi a fare le prove, e un’altra intervista, la conferenza stampa, sempre a sorridere, a rispondere a domande sceme come “Cosa ti aspetti da questo Sanremo”. L’inferno. Un inferno fatto di duemila caffè, di tramezzini di merda, perché siamo pur sempre in Liguria, di sorrisi fatti a giornalisti che hanno scritto che sei una merda e che vorresti uccidere a mani nude, o a fan di cui non ti frega un cazzo perché tanto i dischi non si comprano più.

I cantanti si alzano la mattina preso, cosa che spesso li induce a scoprire aspetti della vita a loro ignoti, come il fatto che esistano le prime ore della giornata, per dire, che si possa fare colazione anche prima delle 13, e che c’è un sacco di gente che va in giro chissà a fare cosa anche prima delle 17. Quindi i cantanti si alzano la mattina presto, si passano un po’ di preparativo H per le emorroidi sotto le occhiaie per farle rientrare sotto i livelli di guardia e scendono tra la folla che già li aspetta per urlare tutto il loro amore. Gente, visto il cast, che manco sa a chi lo sta urlando il proprio amore. Spesso te lo chiedono, se magari tu sei appena sceso da un van per una intervista, “Scusa, chi è quello?” “Michele Bravi” “Grazie,” poi correndo dietro di lui che nel mentre si sta allontanando con la scorta che gli fa scudo “Michele Bravi ti amo, sei il migliore”. Questo moltiplicato per migliaia di volte al giorno. Intervista, selfie, telefonino passato per fare intervista al volo con Tizio o Caio, poi di corsa a Uno Mattina, e poi a tale Radio e poi a fare le prove, e un’altra intervista, la conferenza stampa, sempre a sorridere, a rispondere a domande sceme come “Cosa ti aspetti da questo Sanremo”. L’inferno. Un inferno fatto di duemila caffè, di tramezzini di merda, perché siamo pur sempre in Liguria, di sorrisi fatti a giornalisti che hanno scritto che sei una merda e che vorresti uccidere a mani nude, o a fan di cui non ti frega un cazzo perché tanto i dischi non si comprano più.

Un inferno.

Condiviso con tutti gli altri che operano qui, sia chiaro, compreso chi scrive. Niente miniera, niente canarino, ma pur sempre una corsa continua. Perché a fronte di quei tre minuti, è noto, con una settimana di lavoro si riesce a fare quel che generalmente riesci a fare in sei mesi di promozione. Poi, magari, arriva quel critico che dice che ascoltandoti gli è passata la voglia di vivere, e vorresti dirgli che a te è passata da quando hai superato Spotorno in autostrada, ma non puoi, perché lo spettacolo deve andare avanti.

Guardi malinconico il calendario e realizzi che è solo giovedì e che fino a domenica sei al confino qui, Cristo si è fermato a Bordighera. Sempre meglio che lavorare, ti dirà qualcuno, quando tornerai alla vita di tutti i giorni e proverai a raccontargli di questa fatica. E sarà in quel momento che gli dirai, “Ah, dimenticavo, sai chi ti saluta?”

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