I maschi? Non piangono. O almeno, così vorrebbero i tradizionalisti (accusati di essere machisti) che portano avanti un’idea di maschio ottocentesta-novecentesca: che reprime i sentimenti, non si concede ai dolori futili, che sa sempre cosa fare (ed è sempre la cosa giusta).
Come è noto, la realtà non è così, e forse non lo è mai stata. Esiste però solo un ambito in cui il maschio occidentale, ancora aggrappato a sovrastrutture eroiche, rifugge dal pianto e dalle lacrime: i social. Non è un granché, ma è pur sempre qualcosa. Come illustra uno studio dell’azienda Brandwatch, che si occupa di social media, il maschio si rifiuta, molto più della donna, di utilizzare emoji che piangono: il 61,7% delle occorrenze, spiega, sono fatte da donne. Una differenza di genere.
Se ci si inoltra nelle pieghe dello studio, poi, si nota che il 39% delle emoji-con-lacrime usate dagli uomini sono quelle in cui si piange dal ridere. Cose allegre, insomma: anzi, allegrissime. Le emoji in cui si piange per la tristezza, invece, vengono usate pochissimo. Sono uno strumento quasi del tutto femminile.
Impossibile, allora, non valutare la questione in termini culturali: gli uomini non piangono, o almeno non vogliono darlo a vedere. Di sicuro non lo fanno nelle chat e nei tweet rivolti ad altri uomini (che figura sarebbe?). E ancor meno in quelle con cui si comunica con altre donne (bisogna pur sempre darsi un tono, suvvia). È un limite? Forse sì. In fondo, aver paura di esprimere i propri sentimenti, dicono, è segno di debolezza.