(Non) c’è posta per teIl postino suona solo a giorni alterni, e le lettere arrivano in ritardo

Il piano di ristrutturazione di Poste prevede la consegna per soli cinque giorni in due settimane. Da febbraio 2017 è stato esteso ad altri comuni. Il risultato è che ci sono tonnellate di posta in giacenza, e le bollette arrivano anche dopo la scadenza

Il postino suona solo a giorni alterni. E da Nord a Sud le cassette della posta restano vuote. Con ritardi nella consegna di lettere e bollette anche di un mese. Come è successo a Trieste, dove si sono visti recapitare i biglietti di auguri di Natale solo a metà gennaio.

Colpa della nuova politica di Poste Italiane, che sta tagliando costi, sportelli e postini, riducendo la consegna delle lettere a cinque giorni ogni due settimane (anziché cinque a settimana come previsto dalle norme europee): lunedì, mercoledì e venerdì in una settimana e martedì e giovedì in quella successiva. Vale a dire, dieci giorni al mese su trenta. Il processo era partito in via sperimentale a ottobre 2015 in poche località del Nord Italia, si è ampliato nel corso del 2016, e dal 6 febbraio 2017 verrà esteso gradualmente ad altri 480 comuni circa (qui l’elenco). Oggi le località interessate sono circa 2.600. L’obiettivo finale è di ridurre il passaggio del postino in più di 5.200 comuni italiani, fino a interessare circa il 25% della popolazione italiana.

Ma i disagi e i disservizi sono già sotto gli occhi di tutti. Con bollette, raccomandate, giornali e riviste che vengono recapitati in ritardo. Anche perché la consegna a giorni alterni comprende gli invii prioritari, come le raccomandate dell’Inps, gli avvisi di Equitalia, i telegrammi, e pure i quotidiani e i settimanali in abbonamento. In provincia di Pavia, un’anziana signora ha perso la pensione di invalidità perché la lettera con l’indicazione della data in cui si sarebbe svolta la visita è arrivata in ritardo.

Solo in Lombardia, tra il centro di smistamento meccanizzato di Peschiera Borromeo e la succursale di Linate, secondo i Cobas si sarebbero accumulate nei mesi scorsi cinquemila tonnellate di posta in giacenza tra lettere, pacchi e raccomandate. In Salento, dove il modello a giorni alterni è partito ad agosto, si sono accumulate quattro tonnellate di posta ordinaria e 30mila raccomandate non consegnate. E con le bollette che arrivano nella cassetta oltre la data di scadenza, molti si sono visti pure depotenziare il servizio di fornitura dell’elettricità. Con la luce che salta ogni volta che si accendono due elettrodomestici contemporaneamente. Dopo il danno, la beffa. Tanto più che la società guidata da Francesco Caio, nonostante l’inflazione sotto zero, dal 10 gennaio 2017 ha aumentato pure le tariffe di raccomandate, assicurate e servizi per i professionisti.

In provincia di Pavia, un’anziana signora ha perso la pensione di invalidità perché la lettera con l’indicazione della data in cui si sarebbe svolta la visita è arrivata in ritardo

Il punto è che, sebbene Poste Italiane siano ormai una società per azioni quotata in Borsa e il mercato sia stato aperto alla concorrenza, l’azienda resta però obbligata (come prevede il decreto del ministero dello Sviluppo economico che ad agosto ha rinnovato il servizio fino al 2026) ad assicurare la copertura del cosiddetto “servizio postale universale” su tutto il territorio nazionale «senza discriminazioni tra gli utenti». E per garantire questo servizio, Poste incassa 262,4 milioni all’anno. La consegna a giorni alterni, come ha spiegato la viceministra allo Sviluppo economico Teresa Bellanova, è giustificata dal calo della posta inviata e ricevuta e dal progressivo decremento delle risorse pubbliche elargite a Poste. Ma solo in 1.900 comuni italiani è stata introdotta una rete di distribuzione parallela. Gli altri, dipendono ancora completamente dai postini di Caio.

Tant’è che, davanti al dimezzamento delle consegne, i sindaci si sono imbufaliti. I più colpiti sono i piccoli comuni e le aree interne. Anche se da febbraio a essere interessati sono pure i centri più grandi. L’Uncem, Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani, che già ha vinto diversi ricorsi al Tar contro la chiusura degli uffici postali nei centri minori, ha diramato tra i primi cittadini un ordine del giorno in cui si chiede a Poste di sospendere il piano di riduzione dei servizi. E molti comuni stanno avviando azioni legali contro l’azienda.

Anche in Parlamento si susseguono interrogazioni e interpellanze da parte di diversi schieramenti politici. Tutti chiedono un passo indietro, o almeno un sistema di controllo della qualità dei servizi da parte del governo. Al momento da Palazzo Chigi hanno inserito nell’accordo con Poste l’obbligatorietà di concordare con le Regioni il piano di attuazione e il monitoraggio. «Credo comunque che il monitoraggio debba partire fin d’ora, perché solo così il ministero dello Sviluppo economico può venire a conoscenza tempestivamente del reale disagio e dei disservizi. Disagio e disservizi che puttroppo si verificano e che devono essere sanati», spiega Alessandra Torrisi, deputata del Partito democratico, prima firmataria di un’interpellanza al governo sul tema.

Deputati e senatori della Lega Nord, hanno scritto all’Agcom, che ha autorizzato il sistema di consegna a giorni alterni, chiedendo di vigilare sull’operato di Poste e di intraprendere azioni contro i disservizi denunciati dalle amministrazioni locali.

Eppure, nel settembre 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’applicazione di una direttiva del 1997 per la fornitura di un servizio postale universale a condizioni accessibili, per cinque giorni alla settimana, per tutti i cittadini. «Si ribadisce la necessità di garantire il servizio universale e il mantenimento degli sportelli postali proprio in quelle aree remote, montane, disagiate dove il servizio postale deve essere mantenuto per garantire coesione sociale», spiega Torrisi. L’Italia invece si sta muovendo in un’altra direzione. Con il rischio di beccarsi pure una sanzione.

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