Ma quanto aveva torto Simone de Beauvoir nel suo grande classico Il secondo sesso? “Un uomo non si metterebbe mai a scrivere un libro sulla situazione particolare di essere un maschio” scrisse la filosofa e saggista francese nel 1949. Un pensiero che da un po’ di anni a questa parte non fa che trovare smentite ovunque: al momento il tema dell’identità maschile risulta ben più gettonato di quello dell’identità femminile, e si candida a diventare il vero insoluto dello spirito del tempo.
Un embrione del problema maschile c’era già nella distinzione uomo micio/uomo macho emersa negli anni 70. Woody Allen (non esattamente un uomo macho) vinceva il referendum di People come Sexiest man alive, altrove imperversavano i baffoni tipo Alfasud e il torace villoso. Uomo duro o uomo morbido? Fino a un certo punto la questione ha avuto un tenore giocoso, tra il costume e l’immaginario.
Poi ci si è messa di mezzo una sempre più pressante politicizzazione (e civilizzazione, e pedagogizzazione) dei generi sessuali. L’apprensione mediatica, culturale, e giuridica, si è sintonizzata sui troppi casi di violenza di uomini a danno di donne (vedi alla voce “femminicidio”), la figura del maschio-maschio è stata esorcizzata in modi potenti. Forse fino alla dissoluzione.
È arrivata una sempre più pressante politicizzazione (e civilizzazione, e pedagogizzazione) dei generi sessuali. L’apprensione mediatica, culturale, e giuridica, si è sintonizzata sui troppi casi di violenza di uomini a danno di donne (vedi alla voce “femminicidio”), la figura del maschio-maschio è stata esorcizzata in modi potenti
Dalla confusione creativa dei generi sessuali sono venuti fuori parecchi sottogeneri: omosessuali, i bisessuali, i transgender, i trans, i transessuali, gli intersex, gli androgini, gli agender, i crossdresser, i drag king, i drag queen, i genderfluid, i genderqueer, gli intergender, i neutrois, i pansessuali, i pan gender, i third gender, i third sex, le sistergirl e i brotherboy. Sicuramente ne dimentichiamo qualcuno, ma l’elenco era per dire che sì, in un contesto del genere, nel secondo decennio del terzo millennio, domandarsi quale sia la condizione e l’identità del maschio ha senso, eccome.
E infatti da qualche anno i libri sull’antropologia maschile abbondano. Quest’ultimo è un caso esemplare: Mauro Cason, Questo è un uomo. Identità. Archetipi. Essere maschi oggi (Coffin publishing pp.105, Euro 13, 90) ha il merito di mostrare subito la confusione di ruolo in cui il maschio contemporaneo si trova. Ecco a voi (lettrici e lettori) il prototipo di quello che negli Usa chiamano maschio “barboncino” e in Giappone “erbivoro” (absit iniuria verbis, qui nessuno ce l’ha con vegetariani e vegani), cioè il maschio debole sul lavoro, inetto dal punto di vista sentimentale, e sempre meno visibile socialmente. A ulteriore riprova tutta italiana si veda la pagina Facebook Gli uomini sono le nuove donne, nella quale il genere femminile deride con la tipica ferocia social le figuracce di uomini preoccupati dell’estetista, dei carboidrati, o che decidono di non fare l’amore solo perché non hanno voglia di alzarsi e andare a prendere i profilattici. O che si scordano dell’appuntamento preso, e si addormentano sul divano di mammà.
Ecco a voi (lettrici e lettori) il prototipo di quello che negli Usa chiamano maschio “barboncino” e in Giappone “erbivoro” (absit iniuria verbis, qui nessuno ce l’ha con vegetariani e vegani), cioè il maschio debole sul lavoro, inetto dal punto di vista sentimentale, e sempre meno visibile socialmente
È crollato il modello tradizionale di mascolinità (e lo sapevamo, via). A fronte di questo crollo si diffondono sempre più maschilismi identitari, random, e socialmente inquietanti (dice niente la “rape culture”, la cultura dello stupro, già radicata negli Usa, e idiotamente importata in Italia? Anche se fino ad ora è un fenomeno marginale, per fortuna). A fronte di tutto questo il povero maschio confuso e, come avrebbero detto Elio e le storie tese, “implume”, che fa? Quali sono i modelli a cui fare riferimento? E gli archetipi? Funzionano ancora gli archetipi: il vecchio caro maschile/femminile che ha tanto dato da pensare a Karl Gustav Jung e compagnia?
Esistono, e sono ancora molto utili, racconta il libro di Cason. Se non altro come pattern di comportamento vitale, come figure-enzima, come simboli energetici. Il primo che viene in mente: l’uomo lupo, la parte maschile più profonda e oscura, niente di meno che il lupo delle favole. L’uomo lupo, il “cavaliere oscuro”. Alla fine il libro di Cason è tutta una parabola su come incontrare e addomesticare questa forza vitale archetipicamente maschile. Tra parti saggistiche e parti narrative il libro è una sorta di evocazione-corteggiamento di questa figura, che l’uomo dovrebbe ritrovare.
Franco La Cecla suggerisce al confuso uomo contemporaneo di salvarsi esprimendo la sua mascolinità alla maniera del trickster, il “briccone divino” della mitologia europea
Ma attenzione, senza esagerare. Perché la parte intensa (e diciamo pure violenta) del maschile poi si deve inserire in una dialettica sociale per lo meno complessa, come accennavamo all’inizio. E allora la soluzione qual è? Cason se la cava elegantemente citando la parabola di San Francesco e il lupo, uscendo dalla metafora narrativo/salvifica la possibile alleanza tra parte buona e forze “oscure”. Ma oltre il punto di vista “positivo” di questo libro il problema rimane.
Una soluzione creativa al problema della collocazione del maschio del mondo l’aveva fornita l’antropologo Franco La Cecla in un bel libretto di qualche anno fa, Modi Bruschi. Antropologia del maschio (Eleuthera). Lì si suggerisce al confuso uomo contemporaneo di salvarsi esprimendo la sua mascolinità alla maniera del trickster, il “briccone divino” della mitologia europea. Vale a dire in modo improvviso, episodico, rapsodico, un po’ magico. Sparire/Ricomparire. Senza imbandierare un’identità maschile forte, antica, fatta di baffi e comandi alla moglie, ma giocando con una maliziosità profondamente impolitica. Claudio Risè, poi, nel suo Essere Uomini (Red edizioni) sembra suggerire un’elegantissima e coltissima uscita dal mondo e un’entrata nel mistero, a protezione dell’anima maschile.
Ma la cosa curiosa è che in tutti i casi citati l’integrazione tra maschile e contemporaneo non è mai qualcosa di placidamente raccontabile, o prescrivibile. In breve: ognuno deve inventarsela un po’ da sé. Sempre ammesso che non voglia finire screenshottato nel gruppo Gli uomini sono le nuove donne.