Sanremo, “ti saluta stoca***”

Il festival della non musica è soprattutto la fiera degli incontri tra gli addetti ai lavori, scanditi dal tormentone "sai chi ti saluta?" A volte viene da rispondere in modo un poco tranchant

Sai chi ti saluta?
Ogni Festival che si rispetti eleva a livello di tormentone un ritornello.
Stando da quanto visto nella prima giornata di Festival, in tv e dietro le quinte, sembra che sia questo il tormentone di quest’anno.
Ma andiamo con ordine.
Finalmente il Festival è cominciato, quindi quello che per mesi, settimane e giorni gli addetti ai lavori si sono cantati e suonati, letteralmente, da soli, ora è sotto gli orecchi di tutti.

O almeno, la prima metà. Perché quest’anno il regolamento prevede che i 22 Big si esibiscano in due serate differenti, 11 a sera. E ieri si sono susseguiti sul palco Giusy Ferreri, Fabrizio Moro, Elodide, Lodovica Comello, Fiorella Mannoia, Alessio Bernabei, Al Bano, Samuel, Ron, Clementino e Ermal Meta. Di questi 11 sono a rischio eliminazione in 3, Giusy Ferreri, con una delle canzoni che più funzionerà in radio, Ron e Clementino. Il fatto che Ron sia a rischio eliminazione e Alessio Bernabei o Elodie siano in gara mi induce a non parlare di musica.

Del resto di non musica qui ce n’è parecchia. A partire dal programma tv del Festival, affidato alla coppia Carlo Conti e Maria De Filippi. È noto, la televisione è fatta di chi ci mette la faccia, come loro, come gli ospiti, a Sanremo i cantanti, e di chi sta dietro le quinte, dalle maestranze agli autori. Ecco, a vedere lo spettacolo andato in scena ieri io, fossi nel direttore di Rai1 Fabiano, una domanda su chi viene ingaggiato come autore tv per il programma tv della rete ammiraglia me lo farei, perché quello che inizialmente poteva essere un filo di imbarazzo in alcuni casi è divenuto uno tsunami, e non ha lasciato feriti.

I giornalisti che stazionano tra le prime file stazionano fissi anche in tutti i programmi tv che ruotano intorno al Festvial, a dire, sostanzialmente, sempre le stesse cose, trattandosi esattamente di quei nomi che vi sono venuti in mente, tutte esagerate cazzate

Ma non è neanche di tv che voglio parlarvi, perché capace che il Festival lo abbiate visto. No, io vorrei concentrarmi su quello che voi non potete vedere, la Sala Stampa, ovvero il luogo in cui stazionano per circa quindici ore ogni giorni i tanti giornalisti accreditati al Festival, sembra in tutto intorno ai millecinquecento. Innanzitutto c’è netta distinzione tra caste, come in India. Davanti si trovano i quotidiani importanti, le firme. Dietro, a scalare, i magazine, le testate minori, i siti, almeno quelli che contano. Sì, perché poi ci sono quelli che non contano che stanno in un’altra sala stampa, non sopra l’Ariston, come quella originale, ma al Palafiori. Così, mentre i giornalisti Vio se ne stanno tutto il tempo cinque piani sopra il Teatro Ariston, i figli di un Dio minore stanno a qualche centinaio ci metri dal Teatro Ariston. Ovviamente lì di cantanti per le conferenze se ne vedono meno, e quindi anche la possibilità di fare loro domande diventa risicata, se non nulla.

Ma non è tanto questa differenza di casta a far sorridere, quanto il fatto che i giornalisti che stazionano tra le prime file (la mia postazione è in seconda, centrale, tanto per giocare a carte scoperte) poi stazionano fissi anche in tutti i programmi tv che ruotano intorno al Festvial, a dire, sostanzialmente, sempre le stesse cose, trattandosi esattamente di quei nomi che vi sono venuti in mente, tutte esagerate cazzate. Fortunatamente, essendo tutti dotati di uno spropositato ego, e privi al contempo di un minimo senso dell’autoironia, riescono contemporaneamente a farsi vedere in tv e a stazionare nelle prime file della Sala Stampa, pronti ad alzare il ditino per dire nome, cognome e testata, con l’ego a fare da sosia davanti alle telecamere e loro a presidiare la sedia, non sia mai che qualcuno gliela soffia sotto il culo.

Del resto, diciamolo, deve essere davvero difficile non dire nulla tutto il giorno, sempre in equilibrio tra il tenersi buona l’ospitata in questo o quel programma, l’intervista esclusiva con quel cantante e il dover, in teoria, essere coloro che offrono le chiavi per decifrare e analizzare le canzoni. Meglio concentrarsi sui toni dei maglioni o la scelta del cappello da indossare, come i maghi che gesticolano per nascondere il fatto che non san fare magie ma solo trucchi.
A vederli, i colleghi, che si affannano per esserci, ma per esserci seriamente, come stessero parlando di argomenti seri e non di canzonette, torna in mente lo slogan di questo Sanremo 2017, quello che tutti ripetono ossessivamente, ormai, quello con cui abbiamo aperto questo pezzo. Perfetto per identificare la categoria di cui sono mio malgrado parte,
“Sai chi ti saluta?”
“Chi?”
“Stocazzo”

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