“I giornali? Solo propaganda”: guida al pensiero di Chomsky sui media

Il linguista e studioso del Mit Noam Chomsky ha un’idea molto precisa sul funzionamento dell’informazione e della manipolazione del consenso nelle democrazie. Lo esprime in un libro del 1988: idee datate o ancora attuali?

I giornali? Sono solo propaganda. Non lo dice Matteo Salvini, ma Noam Chomsky, linguista, filosofo, polemista anarchico. Per essere più precisi, almeno “negli Usa, la funzione primaria dei media è mobilitare supporto verso gli interessi particolai che dominano il governo e il settore privato”. Così diceva nel 1988, quando scriveva la Fabbrica del consenso (in inglese: Manufacturing Consent). E forse, anche se sono passati trent’anni, poco è cambiato: i meccanismi che lui e il suo co-autore Edward S. Herman identificano come “istituzioni ideologiche potenti ed efficaci, in grado di svolgere una funzione di propaganda a supporto del sistema” sono sempre là, forse un po’ in crisi, ma ancora vivi.

E questi meccanismi, definiti da Chomsky i cinque filtri, sono sempre gli stessi. Uno è la proprietà dei mezzi di informazione, e cioè la logica di profitto dietro all’informazione stessa. Segue la questione della pubblicità: i media vendono informazioni al lettore, ma anche lettori alla pubblicità. Quando una persona smette di essere un cliente e diventa una merce?

Il terzo filtro è la sfida al potere, che nei media è inesistente o fittizia. “Il sistema ne incoragia la complicità. Il governo, le grandi aziende e istituzioni sanno come influenzare i giornali: li riforniscono di scoop e di interviste con presunti esperti. E diventano così cruciali”. Chi volesse davvero sfidare il potere, finirà ai margini.

Il “fattore contraerea” è il quarto filtro: quando c’è una notizia da non far circolare, si mette in moto la macchina del fango. Giornali che screditano le fonti, storie che vengono censurate, altri argomenti portati avanti. Se non si vuole parlare di una cosa scomoda, i modi sono tanti. Infine, il “Nemico Comune”: i media cercano (e trovano sempre) un obiettivo, un nemico contro il quale indirizzare strali e accuse. Il consenso si costruisce così, in primo luogo: con una contrapposizione noi/loro. Prima era il comunismo, poi i terroristi, poi i migranti. Con la paura (degli altri) vincono tutti.

Il testo di Chomsky, nonostante le vedute molto critiche sul mondo dell’informazione, è senza dubbio interessante. Per chi non avesse tempo e modo di leggerlo, può sempre guardare questo video. È un estratto di un film più lungo (e più vecchio) realizzato da un gruppo di fan sfegatati nel 1992. In pillole, racconta la teoria dei filtri e spiega le idee di Chomsky sui media. Saranno datate, saranno anche meno sconvolgenti rispetto a una volta, ma rimangono interessanti. Anche solo per farsi un’idea.

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