Qualcosa non va. Nonostante da più di un anno LinkPop si impegni nell’alfabetizzazione inglese della popolazione italiana, il Paese resta piuttosto indietro. Lo dicono i dati di Education First EPI, che ha monitorato i risultati dei vari cittadini europei, Stato per Stato, e ne ha tratto conclusioni per noi poco lusinghiere.
In Italia l’inglese è parlato male. Non malissimo, per carità, ma nemmeno bene. Secondo le classifiche, gli italiani hanno una conoscenza “moderata” della lingua di Shakespeare. Sanno “partecipare a incontri in cui si parla di cose già conosciute; capire i testi delle canzoni; scrivere email di lavoro su argomenti noti”. Di più, no, nin zo.
Al primo posto, tra i non native-speaker, ci sono sempre gli olandesi. Primi in Europa e in tutto il mondo. Sanno “utilizzare l’inglese in ogni situazione con sfumature e appropriatezza; leggono testi complicati senza problema; negoziano un contratto con un parlante inglese”. Insieme a loro – o meglio poco dopo – ci sono i danesi e gli svedesi. Chiaro, li aiuta il fatto di appartenere allo stesso ceppo linguistico, anche se i tedeschi, chissà perché, risultano poco meno bravi di loro (ma sempre più bravi degli italiani, e anche i polacchi ci superano).
Questa è una mappa che illustra, in modo immediato, la triste posizione italiana. Il blu è riservato ai Paesi che parlano bene inglese, mentre il verdino (il nostro) è per chi lo parla in modo “moderato”. La cosa più grave, però, non è questa. La cosa più grave è un’altra. La cosa più grave è che sopra l’Italia c’è la Spagna. Nella classifica mondiale siamo al 28esimo posto, mentre Madrid è al 25esimo. Vergogna nazionale.
L’unica cosa che potrebbe consolarci (ma non lo farà) è notare che, sotto gli italiani, ci sono i francesi. Bella forza, diranno i nostri lettori. Quelli nemmeno ci provano, a parlare in inglese. E comunque sono lì, a pochi punti.
Insomma, sul fronte dell’inglese, per gli italiani non c’è altro che contrizione e dolore (come si addice a un giorno di Quaresima). Tutti si dovranno impegnare di più, studiare di più, ascoltare più musica e guardare più film, leggere più libri e giornali. E a chi si lamenta che facendo così si dimenticano le radici nazionali, si getta alle ortiche un patrimonio culturale millenario, si oscura una letteratura ricchissima e bella – tutte idiozie mascherate da finto patriottismo, in realtà originate dal mix letale di pigrizia e stupidità – si risponda così: “Neither you nor I speak English, but there are some things that can be said only in English”, come diceva Aravind Adiga. Tanto non vi capiranno.