Se in un paesino della California vi offriranno del “blue grass”, accettate: è il loro modo per dire “whisky”. E se una signora avvenente verrà definita “bahlness”, niente paura: significa “donna bella”. È il Boontling, una lingua (meglio, un dialetto) specifica del paesino di Boonville, in California, piccolo centro che conta 700 abitanti (molti di questi anziani) vive di vecchie tradizioni e di cultura hippie.
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, vista la sua posizione isolata, a Boonville è nato un linguaggio specifico. Segue le regole logiche e grammaticali dell’inglese, ma ha una serie di parole ed espressioni uniche. Mescola inglese, gaelico scozzese, irlandese, spagnolo e pomoan, una lingua indiana. Ha raggiunto un’ampiezza di 1.600 parole (più che sufficiente per esprimere quasi tutto occorra nella vita) ma non si è mai espanso oltre i confini di Boonville. Gli abitanti lo vivevano come un fatto personale, da non condividere con estranei. Molte espressioni, poi, nascevano da situazioni concrete vissute solo da chi abitava nella zona. Per capirsi, per dire “caffè”, si usa l’espressione “zeese”, derivante da Z.C., cioè Zachariah Clifton, il nome di uno dei primi baristi dell’area. E il telefono a pagamento si chiama Buckey Walter: “buckey” vuol dire “nickel”, e “Walter” era il nome del primo, nella regione, a possedere un telefono.
Dopo un periodo di prosperità, tanto da finire in televisione (grazie a Bobby Chipmunk Glover, uno speaker famoso negli anni ’70) il Boontling ha conosciuto una lunga stagione di declino. Non è bastato il libro descrittivo di Charles C. Adams, pubblicato nel 1971, in cui il dialetto veniva descritto, catalogato e normato (fino a quel momento lo spelling era variabilissimo). Adesso è parlato solo dagli anziani (gli ex hippie, tralaltro).
L’unica forma di reazione è passata per le istituzioni: è stato deciso, negli ultimi anni, di insegnare il Boontling nelle scuole. Si sono organizzati dei gruppi di studio, delle iniziative per salvare e diffondere il Boongling. E i giovani, pian piano, si stanno appassionando di nuovo. Il problema, però, è che la lingua, quando diventa un bene da salvare, ha già perso da tempo la sua forza vitale. Non inventerà più nuove espressioni, non ci saranno nuove parole. Il Boontling è vivo, ma è già un pezzo da museo.