Prima c’è un morto, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia. Dopo pochi giorni, una manifestazione repressa con i lacrimogeni. E sopra tutto questo, una crisi diplomatica tra due grandi potenze mondiali. Non succede a Mosca, ma a Parigi.
È la vicenda della morte di Shaoyo Liu, 56 anni, cinese che abitava a Parigi con la moglie e i quattro figli. È stato ucciso il 20 marzo con un colpo di pistola nella sua abitazione, durante un’irruzione della polizia. Secondo gli agenti aveva cercato di attaccarli con una cesoia. Secondo la famiglia, invece, è stato ucciso senza motivo. Le forbici le aveva in mano, sì, ma solo perché era stato sorpreso mentre cercava di pulire il pesce. Il caso si è ingigantito, la comunità cinese si è unita in due manifestazioni, la prima di queste trasmessa su vari media cinesi, e le forze di sicurezza hanno risposto con 35 arresti. È una storiaccia, ma fuori dalla Francia non ne parla quasi nessuno.
Una gatta da pelare non da poco. Anche perché la prima manifestazione, quella avvenuta nella sera di lunedì (il giorno dopo l’omicidio), era stata pubblicizzata in abbondanza sui social network e sulle televisioni della madrepatria cinese. E la reazione di Pechino non si è fatta attendere: chiedono di “garantire la sicurezza e i diritti dei loro connazionali”. La portavoce del ministero degli Esteri cinese ha precisato, tra le altre cose, di esigere che Parigi “faccia luce su tutta la faccenda”.
Le cose oscure non sono poche. Prima di tutto, la dinamica dell’omicidio. Secondo i poliziotti, al loro arrivo l’uomo non avrebbe aperto la porta, costringendoli a un’irruzione. Dopodiché, avrebbe cercato di attaccarli con un paio di cesoie: l’assalto non avrebbe funzionato perché le lame sarebbero state respinte dal giubbotto anti-proiettili del primo agente. Il secondo poliziotto, che si trovava dietro il collega, avrebbe sparato per reagire all’attacco, colpendo e uccidendo Shaoyo Liu. Il tutto, specifico, è avvenuto al buio.
Una versione che la famiglia nega: la vittima, che in precedenza era stato internato per motivi psichiatrici ed era considerato “pericoloso”, non avrebbe tentato nessun attacco, aveva le forbici in mano solo perché stava pulendo il pesce, i poliziotti avrebbero sparato senza nessun ritegno contro di lui.
Come è andata davvero, non si sa. L’ufficio del pubblico ministero della procura di Parigi ha aperto due inchieste: la prima per “tentato omicidio volontario”, compiuto da Shaoyo Liu. La seconda, affidata all’Ispettore generale della polizia nazionale, per chiarire le circostanze in cui l’agente si è servito della sua arma. Il prefetto ha sottolineato la volontà “di mettere in luce la verità e cercare la trasparenza in questa vicenda dolorosa”.
Una risposta che dovrà venire in tempi rapidi, a quanto pare. La comunità cinese aspetta. E dietro di loro, anche Pechino.