Dieci trucchi per imparare qualsiasi cosa

È il decalogo tratto dal manuale del musicista jazz Wynton Marsalis: provare, provare, riprovare sempre. Ma con intelligenza, umiltà e tanta resistenza. Solo così si potrà ottenere più o meno tutto

Non ci sono mezze misure. Per fare bene le cose, occorre faticare, più o meno a lungo. Il talento si misura nella velocità di apprendimento e di esecuzione, certo, ma chi – come la maggior parte delle persone – non ne è dotato se non in quantità limitate, dovrà sottoporsi a ore e ore di pratica e noia. È la vita.

Lo sa bene anche un grande musicista come Wynton Marsalis, che non solo ha imparato a suonare la tromba, ma ha anche scritto un compendio su come si impara a farlo. Anche l’apprendimento, insomma, si apprende.

E allora ecco il compendio, in dieci punti, su come si impara a imparare, o meglio, come si può imparare qualsiasi cosa.

Punto primo: cercare un buon insegnante. È la via più veloce, visto che un bravo maestro aiuta a capire i motivi per cui è meglio studiare una cosa anziché un’altra, e spiega anche i trucchi per rendere la strada meno dura di quanto potrebbe sembrare all’inizio.

Il secondo passo è autoregolarsi, scrivendo una scaletta organizzativa. Trova il tempo, regolare, in cui collocare lo studio. Certe attività (quasi tutte, in realtà) richiederanno di ripassare i fondamentali ogni volta e questo è essenziale per progredire più in fretta in seguito.

La scaletta non basta, però, se non viene organizzata per obiettivi: ci vuole un risultato da ottenere, un traguardo da prefissarsi. Altrimenti si perde la motivazione e l’interesse. Se l’obiettivo è troppo difficile, non bisogna temere di allentare i ritmi. Ogni cervello funziona a modo suo, con i suoi tempi e i suoi spazi.

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Più che l’organizzazione, in ogni caso, può la concentrazione: dieci minuti di pratica o di studio possono molto di più di mezz’ora piena di interruzioni. Eliminare le fonti di distrazioni, ritagliare un periodo di tempo da dedicare in toto all’attività e poi buttarsi a capofitto.

In tutti i casi, varrà la pena ricordare le frasi manzoniane del gran cancelliere Antonio Ferrer, che al suo cocchiere diceva “Adelante, ma con juicio”. In tutt’altro contesto, la raccomandazione funziona lo stesso: occorre imparare, sempre, ma piano. Non c’è fretta, non c’è mai bisogno di correre. La lentezza dello studio, se pure può addolorare gli animi più focosi, è sempre un’ottima compagna. Si correrà dopo.

Come è ovvio, non è il caso di trattenersi troppo a lungo sulle cose che si sanno già fare bene. La maggior parte del tempo andrà dedicata alle cose che non si è ancora imparato bene, quelle che risultano più difficili. “Non avere paura”, dice Marsalis, “di affrontare le tue inadeguatezze. Passa più tempo che puoi a fare pratica sulle cose che non sai fare bene”.

Settimo consiglio, uno dei più difficili: studiare con espressione. Questo è riferito in particolare agli strumenti musicali, ma in fondo può valere anche per mille altre cose (le lingue, gli sport, le arti). L’espressività è importante, perché aiuta a mettere “se stessi dentro ciò che si fa”, e soprattutto apre alle frontiere del proprio stile, che prima o poi dovrà essere sviluppato – a meno che non siate robot.

Imparare dai propri errori. Lo dicono tutti, non lo fa mai nessuno. Il problema è che gli errori o non vengono riconosciuti oppure vengono, per la vergogna, dimenticati subito. È un peccato: sbagliare capita a tutti, anzi. Capita in particolare ai migliori. Solo che poi – e questo è il passaggio più arduo – ci vuole umiltà e buona volontà per ripercorrere tutta la strada che ha portato all’errore, momento per momento, per scoprire le cause e, se si può, non ripeterlo.

Mai darsi delle arie. Anche se la tentazione spesso è forte – ed è difficile resistere, quando si sanno delle cose nuove, è sempre meglio non cimentarsi. L’applauso è sempre gradito, ma non deve mai essere l’obiettivo, per quanto segreto e inconfessato, di chi sta studiando. Chi vuole stupire, sta ingannando se stesso e gli altri.