Il bestseller per “Bambine Ribelli”? Solo un manuale per imprenditrici. Se volete sognare, leggete Raffaele Pettazzoni

Il bastone e la carota: due libri alla settimana, uno raccomandato e uno sconsigliato. 'Storie della buonanotte per bambine ribelli' di Favilli e Cavallo è un libro ormai vecchio e superato. Al contrario 'Miti e leggende' di Pettazzoni racconta le storie di popoli 'primitivi', i veri sognatori

Il bastone. Ve la ricordate Ribelle? Era quella guerriera con l’amazzonica chioma di capelli rossi al vento di Scozia, evocata dalla Disney nel 2012 per offrire un nuovo modello di femminilità alle bimbe del nuovo millennio. In realtà, la ‘sindrome di Barbie’ e i sogni casalinghi di Biancaneve – trovo il Principe Azzurro, meglio se con i soldi, e mi inchiodo in casa a far le faccende – sono defunti da un pezzo. Prima di Ribelle c’è stata Mulan, ardita guerriera cinese che dimostra di essere più scaltra di un uomo (era il 1998), ma prima ancora c’era la smaliziata Lucy van Pelt dei Peanuts, ma esisteva già Wonder Woman, e chi non darebbe una falange per sperimentare la sublime sciabola della Sposa, brandita dalla fatale Uma Thurman di Kill Bill? La quale, per altro, ha come istituzionale ispirazione Pentiselea, la regina delle Amazzoni, donne poco raccomandabili, a dire il vero, perché si mozzavano una tetta per tirare meglio con l’arco e trafiggere la vanità dei maschioni.
La pappardella per dire che Elena Favilli e Francesca Cavallo non si sono inventate nulla, anzi, le Storie della buonanotte per bambine ribelli sono la rifrittura di una regola editoriale aurea: non c’è nulla di più inedito di ciò che sanno tutti da un pezzo. Eppure, tutti continuano a parlare di quel libro, che svetta in cima alle classifiche di vendita – esaltando la seconda regola aurea dell’editoria: vende solo ciò che è banale, che tutti conoscono. Intanto, il titolo del libro è una balla colossale. Quelle raccolte dal duo non sono “storie della buonanotte”, il sonno della ragione genera mostri editoriali: nel senso che non c’è una storia, manca proprio l’arte sottile del racconto.
Sono, come spiega il sottotitolo, questo sì, “100 vite di donne straordinarie” redatte dimostrando che “il potere insito in un cuore pieno di fiducia è un potere in grado di cambiare il mondo”. Peccato che il nobile intento non abbia il potere di tramutare il rospo in re, un libro dalla scrittura azzerata (esempio: “Yoko Ono sapeva quanto fosse brutta la guerra e voleva dare il suo contributo al movimento per la pace” è una frase fatta priva di profondità che ammette solo un lettore rimbambito) in un capolavoro degno di lettura. Per lo più, in questo vespaio di grandi donne di ogni risma (si va da Marie Curie alle sorelle Williams, da Margherita Hack a Virginia Woolf, che morì suicida nel fiume Ouse gonfiando di pietre le tasche del giubbone, ma questo le autrici non lo dicono, altrimenti le baby emancipate si offendono, si limitano alla patetica chiosa, “oggi la depressione si può curare”) colpiscono le assenze, gravissime.
C’è Astrid Lindgren, quella di Pippi Calzelunghe, ma mancano Saffo, il primo poeta della storia occidentale, e Murasaki Shikibu, la donna che nell’anno Mille s’inventò, passeggiando nei padiglioni imperiali giapponesi, il romanzo, ha prefigurato Marcel Proust. C’è Brenda Chapman – la regista di Ribelle – ma non ci sono Marina Cvetaeva e Anna Achmatova, ma neppure Emily Dickinson, le tre poetesse più grandi degli ultimi tre secoli, ma è chiaro, questo è un manuale per giovani imprenditrici, con la poesia non si fa l’emancipazione femminile.
Manca, a dire il vero, anche Giovanna d’Arco, che storicamente è un tantino più importante di Michelle Obama, imbarcata nell’arca femminista perché “Tutto è possibile, diceva suo padre”. D’altronde, la legge del contrappasso ha menato duro su questo libro politicamente corretto: di Hillary Clinton, arruolata pure lei, viene calcata la frase, “a ogni bambina che sogna in grande dico: sì, puoi essere tutto ciò che vuoi. Anche Presidente”. Sappiamo come è andata. Più che un libro per la buonanotte adatto alle bimbe – tenetele alla larga, piuttosto, educa alla sciatteria estetica e alla scalata professionale delle ovvietà – un abbecedario per le mamme. Le assolve dal fugace senso di colpa: hanno preferito la carriera all’amore per i figli.

Elena Favilli e Francesca Cavallo, Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli, Mondadori, pp.210, euro 19,00

La carota. Raffaele Pettazzoni fu un insigne accademico con un certo genio letterario, di cui oggi non si ricorda più nessuno o quasi. Peccato, perché egli fu una specie di Andersen della mitologia: la sua poderosa raccolta di Miti e leggende del mondo, setacciando le storie della buonanotte dal cuore oscuro dell’Africa, dalle giungle indonesiane, dagli ignoti neozelandesi, dall’ugola degli Apache e dei Sioux, pubblicata per Utet dal 1948 al 1963, è analogo al regesto di fiabe accumulate dai fratelli Grimm. Nelle Isole Loyalty, in Nuova Caledonia, ad esempio, c’è una storia che racconta perché “i primi uomini sono nati dalla Lucertola”; una leggenda canadese, invece, ci spiega perché “se si chiede qualcosa alla Luna nel debito modo, si ottiene”, mentre in Congo un mito ci convince che “la vita non è bella senza la morte”. Come mai? Sentite. “Senza incantesimi, amori, malattie, il coltello, il dardo, la guerra, la morte, senza tutto ciò la vita non è che mangiare, bere, dormire, digerire”. Una rottura di palle, insomma. La sapevano lunga questi sciamani. I Miti e leggende del Pettazzoni, ovviamente fuori catalogo da quel dì, sono scritti come dio comanda, piacevano tanto anche a Cesare Pavese, che ne fu folgorato e influenzato.
D’altronde, quelle storie, sarchiate dalla bocca dei popoli che ci ostiniamo a dire ‘primitivi’ ma che sono semplicemente sognatori, sono raccontate “per la conservazione del mondo e della vita”. Capite subito la distanza che c’è tra questa visione verticale e quella, microscopica e triste, delle favole della buonanotte del duo Favilli+Cavallo. Leggere queste storie non addestra le figlie al successo imprenditoriale, non titilla l’ego vulcanico delle mamme: insegna a conoscere i nomi delle cose, a capire perché il sole splende e il vento porta con sé strane malinconie e perché le stelle si ostinano a splendere ogni santo giorno.

Raffaele Pettazzoni, Miti e leggende, Utet

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