Bryan Johnson, fondatore della Braintree, dichiara di aver sempre voluto diventare ricco per poter fare qualcosa d’importante per l’umanità. L’anno scorso ha cominciato a farsi un nome fondando con 100 milioni di dollari la Kernel, una startup dedicata al potenziamento dell’intelligenza umana grazie ad impianti cerebrali capaci di connettere il pensiero al computer. Johnson non è l’unico nella Silicon Valley a credere che il cervello sia la prossima frontiera.
Secondo i neuroscienziati, non pochi personaggi del settore tecnologico stanno razziando ogni laboratorio degli Stati Uniti alla ricerca di qualunque componente che possa condurre ad una fusione tra intelligenza umana ed artificiale.
Persino Elon Musk sta valutando un progetto chiamato “laccio neuronale,” che dovrebbe condurre ad una “simbiosi con le macchine”.
Johnson, 39 anni, ha fatto fortuna vendendo la Braintree ad eBay per 800 milioni di dollari nel 2013, e deciso di investire nella neurotecnologia. Secondo gli scienziati però le sue idee erano troppo vaghe, quasi “metafisiche.”
Mark Zuckerberg dichiarò nel 2015 che un giorno saremo capaci di condividere non solo fotografie, ma anche “esperienze emotive e sensoriali complete”. Facebook sta assumendo neuroscienziati per un progetto sconosciuto.
Le scienze informatiche toccano sempre nuove vette, mentre la nostra capacità di comunicare con un programma non supera i 40 bit di informazione al secondo. “Una lentezza ridicola,” lamenta Musk.
Johnson, 39 anni, ha fatto fortuna vendendo la Braintree ad eBay per 800 milioni di dollari nel 2013, e deciso di investire nella neurotecnologia. Secondo gli scienziati però le sue idee erano troppo vaghe, quasi “metafisiche.”
Connettere cervello e macchina non è così semplice: i dispositivi elettronici irritano i tessuti del cervello e cessano di lavorare in breve tempo; la capacita’ di comunicare con esso non assicura che siamo in grado di comprenderne il linguaggio, per non parlare del fatto che nessuno si farà mai operare il cervello per poter spedire una mail. “Siamo lontani da una comprensione significativa del cervello,” spiega Konrad Kording, neuroscienziato della Northwestern University e consulente di Johnson. “Ma la neurotecnologia permette di interagire con le domande più interessanti dell’universo e fare soldi, una combinazione irresistibile.”
Il primo prodotto della Kernel, una protesi per il potenziamento della memoria sviluppato da Theodore Berger della University of Southern California, già direttore scientifico della società, registra le memorie di ratti e scimmie, immagazzinandone gli schemi su di un chip per computer capace di rinviarli all’ippocampo. Un modello del chip sarebbe stato testato su una manciata di pazienti sottoposti a operazione al cervello per altri motivi.
A 6 mesi dalla fondazione della Kernel, però, Berger non è più parte della società, i suoi chip non appaiono più nei progetti a breve termine della società. Secondo Johnson, gli studi di Berger “sono molto interessanti, ma non rappresentano un punto d’ingresso commercialmente valido al business.”
Lo scorso novembre Johnson ha preso contatto con Christian Wentz, a capo della startup Kendall Research Systems, di Cambridge, che vende strumenti per la registrazione dell’attività neuronale in topi e altri animali. La societa’ è nata dai laboratori di Edward Boyden, professore del MIT specializzato nello sviluppo di nuove metodologie per l’analisi di tessuti cerebrali. Johnson ha acquistato la società di Wentz ed acquisito con essa anche Adam Marblestone, noto teorico delle possibilità come dei limiti delle interfacce cerebrali. La Kernel intende ora sviluppare una “piattaforma elettrofisiologica umana generica”—un sistema flessibile per la misura e la stimolazione degli impulsi elettrici di piu’ neuroni alla volta. Obbiettivo finale sarebbe l’applicazione di tale tecnologia alla cura di malattie quali depressione ed Alzheimer.