TaccolaA cena con Obama il carrello dei bolliti dell’industria italiana

Marco Tronchetti Provera, Emma Marcegaglia, Diego Della Valle, Montezemolo: a tavola con l’ex presidente Usa e Renzi c’erano i protagonisti di una stagione economica da dimenticare. Era meglio la cena con Bebe Vio e Fabiola Giannotta

ANDREAS SOLARO / AFP

Dopo il discorso di Milano, il mondo attende di vedere cosa faranno Barack Obama e la sua fondazione a favore dei giovani. L’ex presidente ha detto che vorrebbe passare i prossimi dieci anni a creare un grande network che dia spazio ai giovani nella politica, nelle innovazioni, nel giornalismo, in tutti i campi. Applausi, sulla fiducia. Nel frattempo, probabilmente per fornirgli uno sprono al cambiamento, la sua fondazione gli ha organizzato una cena con quello che il Corriere della Sera ha definito “il meglio dell’imprenditoria italiana”. Di certo la cena italiana a cui si è ritrovato nel suo primo giorno in Italia, è stato un campionario di freschezza, volti nuovi, e di simboli delle opportunità che l’Italia riserva a chi parte da zero.

Attovagliati alla cena, presso la sede dell’Ispi, con Matteo Renzi, Mario Monti e i vertici dell’istituto di studi di politica internazionale, c’era per esempio Luca Cordero di Montezemolo, uno che di discese in campo “per aiutare i giovani” ne ha annunciate diverse nel corso degli anni. E che però, lasciata la Ferrari e Confindustria, a Obama si sarà trovato a raccontare il suo nuovo lavoro: quello di risanatore di compagnie aree (leggi Alitalia), di gestore di banche (Unicredit) e di organizzatore di olimpiadi assieme a Giovanni Malagò. Con i risultati mesti che tutti sappiamo.

C’era anche Diego Della Valle, fustigatore dei salotti buoni, socio di Montezemolo in Ntv e nel fondo Charme che vendette Poltrona Frau agli americani di Hawort, che avrà forse glissato sugli ultimi scivoloni della sua Tod’s (nel cui cda a lungo si è seduto lo stesso Montezemolo e siede Luigi Abete). Ma avrà raccontato alcune delle ultime battaglie anti-sistema: come la vana resistenza in Rcs alla cordata di Urbano Cairo, sulla scorta dei buoni risultati del precedente patto di sindacato targato Pirelli, Mediobanca, UnipolSai.

C’era anche, forse a ribadire i concetti su Rcs, Marco Tronchetti Provera, attuale ad di una Pirelli targata ChemChina (forse il male minore in un mercato globale degli pneumatici superconsolidato) e un passato non da incorniciare (leggi: tre miliardi di minusvalenza) in Telecom Italia, anche per l’opposizione in nome dell’italianità a un’aggregazione internazionale portata avanti dal premier del 2008 Romano Prodi (che sempre smentì coinvolgimenti nel piano Rovati).

Una semplice domanda: era questo il meglio dell’imprenditoria italiana da presentare a Barack Obama?

Montezemolo non era l’unico ex presidente di Confindustria alla tavola – comunque apprezzata da Obama, che ha continuato a parlarne nei suoi “remarks” . Vicino a lui c’era Emma Marcegaglia, attuale presidente di Eni, che invece avrà raccontato delle scelte che hanno negli anni (lei lasciò Confindustria nel 2012) portato ai risultati del Sole 24 Ore di cui i 28 milioni di perdita appena registrati nel primo trimestre del 2017 sono solo l’ultimo capitolo.

E sì che Confindustria, se proprio da lì si voleva attingere, di imprenditori capaci davvero di navigare nei mercati globali ne ha avuti, uno su tutti Alberto Bombassei di Brembo. Oppure, se si voleva rappresentare un’imprenditoria italiana sana, si potevano chiamare imprenditori non certo lontano da Renzi, come Nerio Alessandri di Technogym o Federico Marchetti di Yoox Net a Porter. O anche uno dei vari manager italiani di grandi multinazionali, seguendo il mood che ha portato alla nomina di molti Ceo solo di quelle realtà già nella squadra della nuova dirigenza di Assolombarda.

Niente da fare, se si scorre la lista si trovano nomi come l’ex Ceo e consigliere delegato di Banca Intesa, Enrico Tommaso Cucchiani, e la presidente uscente di Poste Italiane, Luisa Todini. C’era però una persona che Obama conosce bene: John Elkann, presidente di Fca. Una società che di certo, con tutti i limiti attuali e di prospettiva, è stata protagonista di un salto di qualità rispetto all’angolo in cui si era cacciata. Peccato che l’amministratore delegato che questo salto l’ha compiuto concretamente, Sergio Marchionne, alla cena non si è presentato, perché “ha dovuto dare forfait all’ultimo minuto”. Se c’entrasse anche la compagnia a tavola non è dato sapere. Di certo di fronte a questo carrello dei bolliti c’è da avere della nostalgia della tanto constestata – a suo tempo – cena organizzata da Obama a Washington in onore del governo italiano guidato da Renzi, nell’ottobre 2016. C’erano sì Roberto Benigni, anche lui non più sulla cresta dell’onda. Ma c’erano anche Bebe Vio, la direttrice del Cern Fabiola Gianotti, la curatrice della sezione design del Moma Paola Antonelli e la sindaca di Lampedusa, Giusy Nicolini.

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