Tutti ne parlano, ma pochi lo fanno davvero. Soprattutto tra i Piccoli. Il welfare in azienda è questo: qualcosa di più di una moda, sicuramente, ma a conti fatti i numeri sono ancora relativamente piccoli. Su oltre 300mila PMI attive nel nostro Paese (escludendo dunque l’esercito dei 6 milioni di micro imprese), le stime ci dicono che quelle attive sul tema sono meno del 2%. Una goccia nel mare.
Proprio il piccolo imprenditore sembra essere tagliato fuori da questa “rivoluzione gentile” con al centro le strategie di impresa per il governo delle risorse umane. Realisticamente possiamo pensare che non abbia molto tempo per occuparsene. È abituato a far quadrare i conti, a portare a casa il proprio business quotidiano. Eppure, a conti fatti farebbe bene ad approfondire l’argomento, perché il benessere dei lavoratori rappresenta un elemento centrale per l’impresa del futuro. Con un’avvertenza: da soli è maledettamente difficile raggiungere l’obiettivo. Bisogna fare squadra, mettersi insieme, creare connessioni virtuose. È tempo di sharing welfare, insomma.
Ma restiamo sulla domanda più importante: perché i Piccoli fanno così fatica a cogliere l’occasione del welfare in azienda? Le novità di legge avviate con la Legge di Stabilità 2016 e proseguite con la più recente Legge di Bilancio hanno in fondo rimosso i vincoli che avevano confinato i Piani di welfare nelle aziende di grandi dimensioni: multinazionali, banche, farmaceutiche.