Taccola“Ho portato Obama a Milano ma mi vergogno per lo stato delle nostre startup”

Parla Marco Gualtieri, fondatore di Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato a cibo e tecnologia: «Non abbiamo fatto nulla per aiutare l’ecosistema delle startup. La responsabilità è di imprese e finanza». Obama? «Ci aiuterà a capire tutte le potenzialità che abbiamo e ignoriamo»

L’arrivo di Barack Obama a Milano sarà come una miccia: permetterà di aprirci gli occhi su tutte le opportunità che Milano e l’Italia potrebbero sfruttare sul fronte della tecnologia applicata al cibo e che oggi per lo più ignoriamo. È l’auspicio di Marco Gualtieri, fondatore di Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato al cibo e alla tecnologia che quest’anno è arrivato alla terza edizione. Da lunedì 8 a giovedì 11 maggio, alla Fiera di Rho, si parlerà degli strumenti per l’agricoltura di precisione, dei ristoranti del futuro, del foodtech, dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul cibo, dell’ecommerce di alimentari e di molto altro. L’importante, spiega Gualtieri a Linkiesta, è che tutto questo porti a una “smossa”. Perché il sistema italiano delle startup ha numeri “quasi di cui vergognarsi” e la responsabilità oggi è soprattutto dell’industria e della finanza. Ma qualche eccezione c’è, a partire da un’azienda milanese che si occupa di agricoltura idroponica e che per il fondatore di Seeds&Chips potrebbe diventare quell’“unicorno” che ancora il panorama italiano non ha espresso.

Partiamo dall’edizione 2017 di Seeds & Chips. Due anni fa l’attenzione si era concentrata su produzione, trasformazione, distribuzione e racconto del cibo. L’anno scorso sull’interazione tra cibo e la tecnologia. Che cosa ci dobbiamo aspettare quest’anno?

Saranno rappresentati tutti i passaggi della filiera, che sono tutti in evoluzione, dall’agricoltura alla tavola. L’area di interesse più presente, tuttavia, sarà quella del mondo idroponico, aeroponico e acquaponico.

Come mai la scelta di questo focus?

Sono tutte soluzioni per produrre cibo senza l’utilizzo del suolo. È una scelta dovuta a vari motivi, a parte il mio interesse personale. Prima di tutto sono metodi di coltivazione che hanno a che fare con la sostenibilità e la salute. Nel caso l’acquaponica non si usano pesticidi né fertilizzanti e c’è poco consumo di acqua. È poi un settore con delle potenzialità di sviluppo e dimensioni enormi, di cui ancora non siamo coscienti. E infine perché ci piacerebbe che Milano e l’Italia in questo settore possano giocare un ruolo chiave. Quest’anno tra le conferenze ce ne sarà una speciale dedicata a proprio a questo: a come produrre cibo dentro le città.

È una conferenza che arriva a un paio di settimane di distanza dalla presentazione di un piano del Comune di Milano sul ritorno del manifatturiero dentro i confini cittadini. Vi ritrovate in queste riflessioni sulla necessità per le città di ripensare le proprie vocazioni?

Esatto: si ritorna alle origini delle logiche per cui le città si sono costituite e quella del cibo è una metafora importante. Gli insediamenti si cominciarono a formare in luoghi in cui c’erano l’approvvigionamento del cibo e lo scambio delle merci. Oggi lo scambio delle merci rimane, mentre per quanto riguarda il cibo si è creato un paradosso: le città hanno abbandonato i luoghi in cui il cibo viene prodotto. Milano è in una posizione favorevole perché è circondata da campagna, ma nel resto del mondo non è così. E siccome le città si ingrandiranno sempre di più e la popolazione si sposterà sempre di più nelle città, evidentemente bisognerà ripensarle anche nell’ottica di approvvigionamento. Tutto il mondo di vertical farming giocherà un ruolo chiave.

L’edizione di Seeds&Chips di quest’anno arriva in un momento di forte accelerazione nei campi dell’intelligenza artificiale e dell’automazione. Questi temi saranno presenti nella manifestazione?

Certamente, avranno un ruolo centrale. Emergerà che l’intelligenza artificiale, per quanto sia ancora agli esordi, avrà un impatto enorme sul mondo dell’agricoltura. Servirà sia per capire il modo in cui le piante crescono sia, sul fronte della salute, per capire le relazioni vere tra il cibo che mangiamo e il corpo umano. È un mondo affascinante, tutto da scoprire.

«I numeri di venture capital e occupati nelle startup sono bassi. Sono quasi da vergognarsi. È evidente che qualcosa deve succedere, altrimenti sarà un problema serio per il sistema Paese»

Negli scorsi mesi gli osservatori si sono divisi tra chi è cautamente ottimista sulla possibilità che ci sia un cambiamento nel settore delle startup italiane, magari grazie all’intervento nel venture capital di soggetti legati alla Cassa Depositi e Prestiti, e chi è invece stato preso dallo sconforto. I numeri del venture capital italiano sono piccoli e il numero di occupati nelle startup è ancora minore. Come vede la situazione?

La vedo esattamente come l’ha appena descritta: i numeri sono bassi. Sono quasi da vergognarsi. È evidente che qualcosa deve succedere, tutti dobbiamo fare in modo che qualcosa succeda, altrimenti sarà un problema serio per il sistema Paese.

Il futuro è davvero delle startup?

Ce lo hanno dimostrato e raccontato tantissimi Paesi. Il buon senso, oltre che gli studi, ci impongono di capire che le startup giocheranno un ruolo chiave e fondamentale per l’innovazione e lo sviluppo economico del Paese. I numeri che oggi abbiamo sono veramente da imbarazzo.

Di chi sono le responsabilità?

Credo che l’imbarazzo principale lo debbano avere il mondo dell’imprenditoria tradizionale, quello della finanza e quello dell’industria, che ancora vedono questo tipo di investimenti come qualcosa di lontano, lo vedono magari in maniera sbagliata o addirittura lo ignorano. Credo che negli ultimi tempi tutto questo non si possa più imputare al sistema e al governo, perché molte cose sono state fatte. Però tutti devono giocare il proprio ruolo.

È un gioco ancora aperto?

Io sono un ottimista e ci credo. La mia battaglia è anche quella di dimostrare che il settore che raccontiamo può fare la differenza e creare sviluppo economico, cioè posti di lavoro. Però bisogna darsi una mossa. I soldi in Italia ci sono, ma c’è una mentalità troppo arretrata. Io 20 anni fa sono partito fondando una startup e so perfettamente come possono guardarti le persone a cui proponi i progetti. Ma dopo di me sono partite cose che si chiamano Google, Facebook ed Airbnb. Negli Usa tra le prime 20 società per capitalizzazione dieci non esistevano solo pochi anni fa. Quando sono partito 20 anni fa avevo una visione ma non avevo gli elementi storici a cui attaccarmi. Adesso non ci sono più alibi. Chi non lo capisce perderà le opportunità. Chi non lo capisce farà del male a se stesso, se ha attività in questo Paese, ma anche al sistema Paese.

Nel settore tech c’è una tendenza crescente alla concentrazione degli investimenti, verso i cosiddetti unicorni. Sono degli impedimenti alla crescita di un sistema di startup in un Paese periferico come l’Italia e in un settore come quello dell’agritech?

È un problema collegato a quello di prima. In Italia non abbiamo fatto nulla negli anni passati, e qui la responsabilità è di tutti, per creare le condizioni per far crescere l’ecosistema. Adesso siamo obbligati ad affrontare la questione in maniera seria. Con un cambiamento di approccio, e anche con un pizzico di fortuna, potremmo riuscire a fare emergere una, due o tre startup. Ne basterebbe una. Noi ne abbiamo almeno una a Seeds&Chips: è italiana, di Milano, e crediamo abbia tutte le caratteristiche necessarie per diventare una unicorn. Probabilmente si sarebbe trasferita in Silicon Valley e oggi sarebbe sulla strada per avvicinarsi alla definizione di unicorn. Però la testardaggine e la volontà del fondatore per ora l’hanno mantenuta qua. Basterebbe uno di questi casi per dare la smossa a tutti quelli che sono più miopi e arretrati.

Di quale società sta parlando?

Di Robonica. È una soluzione 100% italiana, dalla tecnologia al design, che si occupa di idroponiche casalinghe, ma che in realtà può anche offrire la propria tecnologia a grandi sistemi, con una piattaforma tecnologica assolutamente evoluta. Due anni fa venne solo il fondatore, che oggi ha 25 anni. L’anno scorso è arrivata con un piccolo stand. Quest’anno si presenta in grande perché tra poco esce sul mercato.

«I soldi in Italia ci sono, ma c’è una mentalità troppo arretrata. Chi non capisce che il settore che raccontiamo può fare la differenza e creare sviluppo economico farà del male a se stesso, se ha attività in questo Paese, ma farà male anche al sistema Paese»

Chiudiamo con la partecipazione di Barack Obama, che come prevedibile ha attirato l’attenzione dei media. Intanto, come ci siete arrivati?

Un giorno ho fatto una telefonata a un amico e gli ho detto “Ho un sogno” e lui ha risposto “Mi piace, secondo me ci dice di sì”. Il sogno era ovviamente portare Obama a Seeds&Chips e l’amico è Sam Kass: è la persona conosciuta per essere stato il cuoco e il consulente per il food del presidente degli Stati Uniti. È amico del presidente Obama, si conoscono da 20 anni e sono 10-12 anni che vivono sotto lo stesso tetto.

Se dovesse indicare un motivo su tutti per il suo invito?

Non per questioni di megalomania, ma perché mi rendevo conto che quello a cui stiamo lavorando non veniva ancora capito, soprattutto da noi italiani. In giro per il mondo tutti pensano che dopo Expo Milano sia il centro del mondo del food e dell’innovazione a questo collegata. In Italia non è così. Per questo serviva qualcuno di grande che ci aiutasse a dimostrare e a capire quali grandi opportunità abbiamo.

Di cosa parlerà l’ex presidente?

Parlerà del rapporto tra climate change e cibo. E poi avrà anche un bel momento con Sam Kass, per raccontare loro aneddoti.

Lei aveva proposto che l’area di Expo 2015 fosse dedicato al cibo. Al di là di quel caso specifico, c’è il rischio che il tema del cibo venga trascurato in Italia rispetto alle potenzialità?

Noi siamo nati per evitare questo. Seeds&Chips è stato fondato per portare avanti l’eredità di Expo, per rendere Milano e l’Italia il centro del mondo di tutte le tematiche legate al cibo. Quindi vuol dire parlare di cambiamenti climatici, salute e molto altro. Seeds&Chips è un pezzo di questo mosaico.

La prossima settimana ci sono diverse manifestazioni dedicate al cibo a Milano.

Anche quella è un’idea progettuale a cui abbiamo lavorato. Nel 2014 abbiamo pubblicato un manifesto che si proponeva l’obiettivo di creare una settimana dedicata al food, sulla falsariga della settimana del design. Perché non aggregare contenuti e attirare qui l’attenzione del mondo? Seeds&Chips nasce da quell’idea.

«Mi rendevo conto che quello a cui stiamo lavorando non veniva ancora capito, soprattutto da noi italiani. Serviva qualcuno di grande, come Barack Obama, che ci aiutasse a dimostrare e a capire quali grandi opportunità abbiamo»

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