Dopo tre anni di silenzio, il rapporto statistico della Commissione per le adozioni internazionali è arrivato. E certifica quello che tutti più o meno immaginavano: le adozioni da Paesi esteri in Italia sono calate, e in cinque anni si sono quasi dimezzate (-46%). Anche se il nostro Paese resta comunque in seconda posizione al mondo dopo gli Stati Uniti per numero di bambini stranieri adottati.
Il report, riferito al biennio 2014-2015, è l’ultimo atto firmato dalla ormai ex presidente Silvia Della Monica (Gentiloni non ha ancora nominato i nuovi vertici, ma la nomina di Laura Laera dovrebbe essere ormai certa), la cui gestione della Cai in questi anni è stata contestata anche per la mancanza dei dati statistici sulle adozioni. Non solo numeri, ma una guida annuale per le aspiranti famiglie adottive italiane che devono scegliere tra gli enti autorizzati a cui affidarsi e i Paesi da cui adottare. Tranne una tabella pubblicata lo scorso maggio, l’ultimo report risaliva al 2013.
I dati: calo generale
Non solo in Italia. Dal 2004, su scala internazionale le adozioni sono calate in tutti i Paesi di accoglienza, facendo registrare un -73,5% nel mondo nell’arco di dieci anni. Passando dai 45.383 bambini adottati nel 2004 ai 12.001 del 2015. In Italia la riduzione è stata del 34,%, ma se consoderiamo che nel 2010 le adozioni erano cresciute, viene fuori che solo negli ultimi cinque anni il numero di minori stranieri adottati in Italia si è quasi dimezzato: da 4.130 a 2.216 adozioni nel 2015. Con la particolarità: tra il 2014 e il 2015 in Italia si è avuto un lieve incremento con dieci adozioni in più.
L’Italia si conferma comunque come primo Paese di accoglienza in Europa per numero di minori adottati, e secondo al mondo dopo gli Stati Uniti (6.641 minori adottati nel 2014 e 5.648 minori adottati nel 2015). Il 25% del totale dei minori adottati sono bambini con bisogni speciali.
In Italia la riduzione è stata del 34,%, ma se consoderiamo che nel 2010 le adozioni erano cresciute, viene fuori che solo negli ultimi cinque anni il numero di minori stranieri adottati in Italia si è quasi dimezzato
Le coppie adottive
Tra il maggiore ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e i timori di un percorso a ostacoli per la conclusione dell’adozione, il calo delle adozioni ha origine e si riflette anche nel calo del numero delle domande di disponibilità da parte delle coppie italiane. Nel 2004 a fare domanda erano più di 8mila coppie, diminuite a 3.857 dieci anni dopo. Non solo. Complice anche i matrimoni sempre più tardivi, le coppie adottive italiane sono sempre più avanti con l’età: al momento dell’autorizzazione all’ingresso, i padri hanno in media 46 anni e le madri 44.Anche se – va detto – i tempi di attesa per concludere l’adozione in Italia non aiutano. I genitori adottivi italiani attendono in media tre anni e mezzo prima di poter adottare un bambino: 18 mesi per avere l’idoneità da parte del tribunale per i minorenni e scegliere l’ente autorizzato tra i 62 esistenti; più altri 25 per portare a termine la procedura adottiva. Con tempi che variano da Paese a Paese. Per la Russia, ad esempio, l’attesa media è di 30 mesi. Per il Brasile se ne devono aspettare 26.
La motivazione più frequente (88,2%) che porta all’adozione è legata all’infertilità della coppia. Molte coppie arrivano all’adozione anche dopo due o tre tentivi falliti di pma. Il 6,7% invece ha già avuto esperienze positive di accoglienza di un minore straniero. E una piccola percentuale, il 3,6%, sceglie di adottare per ragioni umanitarie.
I genitori adottivi italiani attendono in media tre anni e mezzo prima di poter adottare un bambino: 18 mesi per avere l’idoneità da parte del tribunale per i minorenni e scegliere l’ente autorizzato tra i 62 esistenti; più altri 25 per portare a termine la procedura adottiva
Lo scontro sulla Cai
Il report pubbicato dopo tre anni di silenzio può anche essere letto come il manifesto della contestatissima gestione della Cai da parte della presidente uscente Silvia della Monica. Negli ultimi tre anni la Cai è stata accusata di immobilismo da politici e famiglie: non solo non sono stati pubblicati i report statistici, ma la commissione non si è mai riunita e la linea telefonica dedicata alle famiglie è stata sospesa. Una gestione “silente”, giustificata da Della Monica con il lavoro nelle retrovie per portare a termine le adozioni bloccate e smascherare presunte irregolarità nelle adozioni. In primis in Congo.Nel documento, oltre a sottolineare il primato dell’Italia come Paese d’accoglienza, Della Monica illustra l’attività della Cai elencando gli accordi con i Paesi stranieri rinnovati o conclusi dall’Italia nel biennio 2014-2015. Il report evidenzia in particolare l’impegno diplomatico in Bielorussia, a proposito del quale la Commissione era stata molto criticata per il blocco delle adozioni di 150 minori nel 2015. E sppiega poi il rallentamento delle adozioni da Ucraina ed Etiopia (sulle adozioni dall’Etiopia l’ente autorizzato Enzo B è indagato con l’accusa di aver truffato numerose famiglie), e la sospensione delle procedure adottive per Kenya e Congo.
Su quest’ultimo Paese, il report si sofferma per spiegare in che modo sia avvenuta l’adozione attesissima di 152 minori, nonostante la moratoria dei permessi di uscita a partire dal settembre 2013. Persino l’ex ministra Maria Elena Boschi era volata in Congo per riportare in Italia 31 bambini. «Le autorizzazioni all’ingresso dei 152 minori rientranti nella predetta moratoria sono state emesse nel 2015 a seguito di anticipazioni alla Commissione per le adozioni internazionali», si legge nel report, «che un primo esame dei fascicoli delle adozioni di minori congolesi da parte di famiglie italiane aveva condotto a una valutazione positiva da parte della Commissione interministeriale costituita in Rdc presso il ministero dell’Interno anche su sollecitazione della Cai». I permessi di uscita sono stati poi emessi per sette minori nel 2015 e per gli altri 145 nel primo semestre del 2016. Dopo che decine di famiglie in attesa da oltre mille giorni si erano incatenate più volte davanti a Montecitorio, denunciando anche l’abbandono da parte della Commissione.