L’auto corre, ma il motore dell’industria italiana è ancora ingolfato

Gli ultimi dati Istat segnalano una ripresa superiore alle attese degli analisti, grazie all’exploit dell’auto. Ma il primo trimestre segna ancora un output negativo. Ora il moderato ottimismo potrebbe riversarsi sui mercati azionari

(MARCO BERTORELLO / AFP)

Pochi giorni fa l’Istat ha pubblicato il dato sulla produzione industriale italiana per marzo, che è stato leggermente più positivo delle attese. La crescita del fabbricato si è attestata allo 0,4% rispetto al mese precedente e del 2,8% rispetto a marzo 2016. Entrambi i dati sono sopra le attese degli analisti. Si tratta di un altro segnale positivo dopo la vampata di febbraio, ma in generale è ancora presto per lasciarsi andare all’ottimismo. Se si considera il primo trimestre, l’output è leggermente in calo (-0,3%) per via del risultato negativo di gennaio (viziato da problemi legati alla distribuzione delle festività). In generale la macchina industriale italiana sembra ancora ingolfata, nonostante i segnali positivi degli ultimi mesi. Tra i comparti positivi troviamo proprio quello dell’auto, che ha fatto registrare un incremento del 9,5% anno su anno.

In molti pensano che l’Italia non abbia fatto abbastanza per proteggere il suo patrimonio industriale negli anni della crisi. Tanto per dare un esempio, il Governo tedesco ha rivelato la scorsa settimana, non senza suscitare polemiche, di aver offerto un supporto all’industria dell’auto per 175 miliardi dal 2007 a oggi. Anche negli Stati Uniti questo settore, come altri, è stato letteralmente tenuto in piedi dallo stimolo di Obama. In Italia questo non è successo, probabilmente anche per la poca agibilità fiscale che il Paese ha potuto giocarsi.

Senza voler recriminare sul passato concentriamoci su questo incedere lento, sperando che non si tratti di una falsa partenza. I dati macro italiani, in un momento in cui i fondamentali dell’economia mondiale sembrano dare un segnale di buona salute, lasciano il campo a un moderato ottimismo che potrebbe riversarsi sui mercati azionari.

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