Tornate agli ultimi giorni del 2001. Siete lì in casa, le ante dell’armadio spalancate, voi a guardare quel monte di vestiti e a chiedervi se siete in effetti riuscite a trovarle tutte. Poi, come sempre insicuri, a ricontrollare per l’ennesima volta, tutte le tasche dei pantaloni, delle giacche, dei cappotti.
Ecco, fate la stessa cosa oggi.
Non cercate, come allora, le ultime banconote delle lire in vostro possesso, da spendere o cambiare a breve giro. Cercate tutte le banconote degli euro che avete in casa. Partite dal portafogli, ma siate certosini, non abbiate fretta, cercate ovunque. E una volta che le avete trovate tutte, mettetele lì, sul tavolo della cucina, non prima di aver tolto la tovaglia di plastica. Fatene una pila, non necessariamente ordinata. Poi prendete dello spirito, gettatelo sopra le banconote e accendete un fuoco. Riprendete il tutto con lo smartphone, condividetelo sui social, usando l’hashtag #escila, che il mondo sappia.
Perché se una cosa la visione delle prime due puntate dell’Eurovison Song Contest ce l’ha detta, è che l’Europa non ci merita.
Affatto.
Per cui, siccome non possiamo uscirne così, come si fa di casa, cominciamo a far sentire la nostra voce, che la protesta diventi rumorosissima.
Almeno altrettanto rumorosa delle orribili canzoni che abbiamo sentito in questa due giorni, fortunatamente accompagnate dall’ironia garbata e ficcante di Andrea Delogu e Diego Passoni.
Questo è il punto.
No, non Andrea Delogu e Diego Passoni, che meriterebbero un programma in prima serata su Rai1, altro che Rai4 o Sky, ma il fatto che Eurovision è un contest che mette sul piatto canzoni di una bruttezza imbarazzante, e lo fa con il volto scoperto, come se nulla fosse.
Di più. Da qualche anno si è presa l’abitudine di guardarlo anche da noi, commentandolo sui social. Del resto abbiamo importato Halloween, perché non dovremmo riprenderci dopo decenni Eurivision? Tutti, giustamente, ironizzano ovunque sul trash che impera, si tratti di canzoni o di esibizioni, sempre sopra le righe.
Bene, ma questo non è il circo. Questo è, in teoria, il più importante concorso canoro d’Europa. Ci sono paesi e paesi, specie in Scandinavia e nei paesi dell’est, in cui è anche il programma tv più seguito dell’anno, secondo solo alla finale dei mondiali di calcio. Come è possibile che sia così musicalmente brutto?
Perché paesi che hanno artisti importanti, l’Inghilterra con tutto quel che ha regalato al rock e al pop, ma anche il Belgio, con Stromae o i dEUS, devono proporre quelle cagate? Noi almeno ci abbiamo mandato uno bravo, che infatti viene dato per vincente, sorta di Juventus buttata nel campionato parrocchiale
Mi si dirà, evidentemente all’estero piacerà questa musica qui, e considerando che noi esportiamo Laura Pausini o Il Volo non ci sarebbe neanche da sorprendersi. Ecco, allora usciamo dall’Europa. Mandiamoli a fanculo. Diamo fuoco alle nostre banconote di euro.
Perché, diciamolo, se questa è la rappresentazione musicale, e quindi artistica, dell’Europa, c’è da lanciare subito un referendum per uscirne.
Roba che, appunto, non ci fossero i commenti sui social, e non ci fossero le voci e le facce ironiche di Andrea Delogu e Diego Passoni, che però la finale la seguiranno in radio e non in tv, sarebbe da spararsi in testa, tipo Tyler Durden, sperando nel medesimo miracolo.
Poi, chiaro, ci sono piccole eccezioni, ma nell’insieme lo spettacolo è penoso. Uno come Gabbani, che stimiamo parecchio, musicista rigoroso, ottimo autore, lì sembra Lennon e McCartney in una sola persona, con scimmia accanto.
Perché paesi che hanno artisti importanti, l’Inghilterra con tutto quel che ha regalato al rock e al pop, ma anche il Belgio, con Stromae o i dEUS, devono proporre quelle cagate? Noi almeno ci abbiamo mandato uno bravo, che infatti viene dato per vincente, sorta di Juventus buttata nel campionato parrocchiale.
Si dirà, ma una volta c’erano gli Abba.
Appunto, una volta.
Si dirà, sì, ma di lì è passato e ha vinto Conchita Wurst, una rivoluzione.
Tutto vero, ma qui si parla di musica, non di diritti civili. Bene la Wurst, ma la musica continua a far cagare e lo spettacolo a essere trash.
Piccole eccezioni, si diceva.
Per dire, se qualcuno ieri ha seguito la seconda semifinale avrà sentito dire da Andrea Delogu che io tifo per la Polonia di due anni fa.
Ecco, tutto vero.
Anche se in verità è la Polonia di tre anni fa.
Anche quest’anno, e negli anni a venire, finché finalmente non avremo abbandonato questa nave che affonda, io tifo e tiferò Donatan & Cleo e per la loro My Slowianie- We Are Slavic.
Finito di dare fuoco ai vostri euro correte a vedere il video su Youtube. Correte anche a vedere l’esibizione dal vivo fatta proprio a Eurovision.
Un florilegio di tette, di mungiture, di lussuria contadina. Tutto molto trash, ma almeno godibile allo sguardo.
Del resto, con quell’hashtag lì, vuoi che non si finiva a parlare di tette?