Nessuno dovrebbe stupirsi. Sembra che le persone si fidino meno, o non si fidino affatto, delle ricerche scientifiche sponsorizzate dalle aziende. Per capirlo, anziché affidarsi al buon senso, hanno dovuto fare un’altra ricerca scientifica.
Del resto, non ci vuole molto: se un convegno sul clima viene sponsorizzato dai petrolieri, è difficile pensare che le conclusioni saranno neutre. Così come le aziende del cibo che pagano studi sulle capacità nutritive degli alimenti che, guarda caso, mettono in commercio. Nonostante sia una grande tattica commerciale, il consumatore ha il cervello fino. E se non può dire con sicurezza che uno studio finanziato da un’azienda del settore non sia valido, rivendica almeno il diritto di non fidarsi. Perché, come si sa, è sempre meglio.
Il problema del conflitto di interessi tra i centri di ricerca e le aziende che li finanziano è una questione antica. Alcuni enti scientifici, come le National Academy americane, hanno cercato di ritoccare le proprie linee guida per promuovere la trasparenza, in particolare cercando di far capire se uno o più dei loro membri abbia legami con aziende private (si capisce, nei settori di cui si occupa).
Ma non è bastato: come dimostra questo studio, la credibilità di una ricerca dipende molto dagli enti che vi prendono parte. Gli scienziati hanno presentato a vari gruppi di persone lo stesso studio, spiegando a seconda dei casi che era stato condotto da un’azienda, o da un centro di ricerca, o da una ong, o da un organo del governo. Hanno anche assommato le possibilità, per cui poteva essere stato condotto da un’azienda insieme a un centro di ricerca, o un’azienda insieme a un centro di ricerca e un organo del governo, e così via, combinando le diverse possibilità.
Risultato? Gli studi considerati meno credibili erano quelli in cui era presente il finanziamento di un’azienda (nonostante si trattasse della Kellogg, la cui reputazione in questo senso è abbastanza buona). Nemmeno quelli del governo convincevano molto, mentre si salvavano quelli condotti da centri di ricerca e da ong.
La notizia può gettare nello sconforto tutti quegli scienziati coscienziosi che ogni giorno cercano di arrabattarsi per trovare fondi e seguono le ricerche con scrupolo e trasparenza. I loro risultati non saranno creduti. E in molti pensano che sia giusto così. Non è colpa loro, ma dei colleghi che, invece, non esitano a taroccare i dati per venire incontro al committente. Non se la prendano con la “gente”, bensì con loro.