Damien Carême, il sindaco francese che sfida la politica anti-migranti

Il sindaco del comune francese di Grande-Synthe ha realizzato il centro d'accoglienza La Liniere, che ha ospitato fino a 2.500 profughi, finché ad aprile non è stato incendiato dopo una rissa di trafficanti di migranti. Se il governo non risponderà, il sindaco è pronto a rifare tutto daccapo

BRUXELLES – Grande-Synthe, nel Nord della Francia, si trova a poco più di mezzora di macchina da quella che era la giungla Calais. Nell’area che va da Dunkirk a Lille è l’unico comune che non ha appoggiato il Front National di Marine Le Pen al primo turno delle elezioni francesi. Un paese di 23mila abitanti, finito sulla bocca di tutti i migranti che tentano di attraversare la Manica, grazie al suo sindaco ecologista, Damien Carême, 56 anni. Nel 2015, davanti agli accampamenti spontanei di migranti nei boschi intorno alla sua cittadina, Carême ha detto stop. E con l’aiuto di Medici senza frontiere si è fatto il suo centro di accoglienza modello, sfidando il governo centrale di Parigi, che non aveva ascoltato le richieste di dare un’accoglienza dignitosa agli uomini che passavano a pochi passi dalla sua scrivania. Il centro si chiamava La Liniere, era arrivato a ospitare fino a 2.500 profughi. Poi ad aprile, un incendio scaturito da una rissa tra trafficanti iracheni e afgani, l’ha raso al suolo. «In quattro ore è stato distrutto quello che avevamo costruito in un anno», racconta il sindaco a Bruxelles, intervenuto al Parlamento europeo nel corso di un seminario sul diritto di asilo. «È stato uno shock per tutti». Ma davanti all’arrivo di nuovi migranti Carême è pronto a rifare tutto da capo. «Ci sono già trecento persone senza assistenza nei boschi del mio territorio e sono destinate ad aumentare con l’estate», racconta. «Se non ci sarà una risposta soddisfacente da parte del governo, rifarò un nuovo campo. Aspetto fino a fine giugno, poi ci rimboccheremo di nuovo le maniche. C’è un’emergenza umanitaria. Non si può aspettare».

Appena il nuovo governo si è insediato in Francia, Carême ha alzato la cornetta e ha chiesto un appuntamento con il nuovo ministro dell’Interno. «Per il momento mi ha parlato solo di repressione», racconta il sindaco. «Mi ha detto che mi avrebbe mandato le forze dell’ordine. Non aspetterò molto, non voglio rivivere l’estate del 2015». La domanda è dove troverà i fondi senza l’aiuto dello Stato. «Non ho più fondi statali, bisognerà trovare fonti di finanziamento. Ci sono già organizzazioni non governative e associazioni che mi propongono un sostegno economico. Ma se serve sono pronto anche a fare un crowdfunding a livello europeo e sono sicuro che i soldi si troveranno rapidamente. Ci sono molti cittadini europei che ci scrivono offrendoci aiuto».

«Ho incontrato il sindaco di Parigi, quello di Barcellona, di Lesbo, di Lampedusa e altri sindaci d’Europa. Noi sindaci abbiamo l’urgenza di creare qualcosa. Dobbiamo fare una rete. Bisogna mettere pressione sugli Stati che hanno paura, dobbiamo fare pressione dal basso»

La sua è una battaglia da sindaco, ma anche da uomo. «Non possiamo lasciare le persone nel fango. Parlo con la pancia, mi assumo le mie responsabilità», ammette. «Ci sono molti colleghi sindaci che non fanno niente per paura della reazione della gente. Ho incontrato il sindaco di Parigi, quello di Barcellona, di Lesbo, di Lampedusa e altri sindaci d’Europa. Noi sindaci abbiamo l’urgenza di creare qualcosa. Dobbiamo fare una rete. Bisogna mettere pressione sugli Stati che hanno paura, dobbiamo fare pressione dal basso. Più saremo, più l’opinione pubblica cambierà».

Il campo La Liniere era costituito da piccoli chalet di legno. Aveva docce, bagni, e standard sanitari altissimi, con controlli di sicurezza 24 ore su 24. «Questo ci ha permesso anche di arrestare diversi trafficanti», racconta il sindaco. «Ogni mese inviavo una lettera ai cittadini per spiegare la situazione, i contatti con i ministri e i costi. In tutto abbiamo Ho incontrato il sindaco di Parigi, quello di Barcellona, di Lesbo, di Lampedusa e altri sindaci d’Europa. Noi sindaci abbiamo l’urgenza di creare qualcosa. Dobbiamo fare una rete. Bisogna mettere pressione sugli Stati che hanno paura, dobbiamo fare pressione dal bassoVassunto 46 persone per far funzionare il campo. Abbiamo fatto molta comunicazione alla popolazione. I cittadini hanno capito che c’era un grande sforzo umanitario. E hanno reagito empaticamente, erano fieri di quello che stavamo facendo».

A Grande-Synthe sono tornati i migranti sgomberati da Calais. C’è chi arriva dall’Italia, dalla Germania e dalla Danimarca. «Le frontiere non sono chiuse ermeticamente», dice il sindaco. «E la maggior parte vuole andare a Calais». I numeri, con l’arrivo dell’estate sono destinati ad aumentare. A Calais si sono già raccolte 700 persone. «Non è con uno stato di polizia che che si risolvono questi problemi. C’è chi ha provato ad andare in Inghilterra anche 324 volte».

Il punto ora sarà capire come il nuovo governo francese affronterà la gestione dei flussi migratori. In Francia oggi ci sono 500 centri di accoglienza, ma non bastano. «Non ci sono strutture sufficienti», dice Carême. «Aspetto buone sorprese. Il primo ministro Edouard Philippe quando era sindaco di Le Havre ha accolto nella sua città diverse famiglie di siriani. Ma dall’incontro che ho avuto con il ministro dell’Interno, non mi sembra che si vada nella giusta direzione. Finché l’Inghilterra non verrà trasportata altrove, avremo questo problema. Sono disposto ad aspettare fino a fine giugno. Poi rifaremo un nuovo campo». Che lo vogliano o no all’Eliseo.

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